THE WITCHER: BLOOD ORIGIN – LA RECENSIONE
Il franchise di The Witcher porta alla creazione di una serie originale Netflix pronta ad espandere l’universo che ormai conosciamo bene.
Blood Origin è ambientata in un mondo di elfi 1.200 anni prima dell’epoca di Geralt, a noi familiare, e racconta la storia ormai dimenticata di sette figure le quali uniscono le forze contro una forza inarrestabile che li ha private di ogni cosa. La loro missione si conclude con la creazione di un prototipo di witcher sullo sfondo di un conflitto che ha portato alla “Congiunzione delle sfere”, quando gli universi di mostri, uomini ed elfi si sono fusi.
Il tempo di guerra dove si muovono i nostri protagonisti coinvolge tre regni degli elfi. Una guerra che ha come burattinaio chi sfrutta i varchi tra le varie dimensioni per la propria sete di potere. La lotta aperta tra la principessa Merwyn (Mirren Mack) e il druido Balor (Lenny Henry) rischia di valicare i confini di un semplice conflitto per l’egemonia trascinando tutto il mondo in una mostruosa distruzione. A tentare di fermarli un gruppo di sette guerrieri e maghi di varia estrazione che capitano assieme per caso. Un caso a volte troppo forzato che toglie credibilità alla narrazione.I nostri protagonisti assumono la missione di contrastare Merwyn e Balor: tra loro ci sono la cantastorie vagabonda Éile (Sophia Brown), il travagliato guerriero Fjall (Laurence O’Fuarain) e soprattutto Sciàn, ultima superstite di un clan di elfi erranti e interpretata da Michelle Yeoh.
The Witcher: Blood Origin
Dovendo costruire in pochi episodi un universo narrativo molto complesso, con un cast di personaggi molto numeroso ed espedienti magici inediti, si passa molto tempo a raccontare e a spiegare più che agire. Molti pezzi vengono messi assieme in rapida successione e lo spettatore deve armarsi di pazienza per mettere a posto tutte le tessere del puzzle.
In generale si può dire che quelli che sono i punti di forza di The Witcher: Blood Origin sono anche le sue debolezze: da una parte non avere nessuna controparte letteraria o videoludica alla base, ha permesso ai creatori Declan de Barra e Lauren Schmidt Hissrich di sbizzarrsi in una trama completamente originale, che però soffre della sua stessa libera complessità; anche il continuo world building, che deve come premesso portare alla creazione del primo Witcher, fa sì che il legame con la saga più ampia sia labile (tranne per il ritorno di un certo bardo di nome Jaskier e qualche altra fugace ma eclatante connessione). C’è da dire però che anche chi non ha troppa familiarità con la serie principale può godersi quest’altra senza grandi intoppi, trovandosi di fronte a una serie fantasy come un’altra, seppur di ottima fattura.
Insomma, una serie che sfrutta un franchise seguito e acclamato, ma che non riesce a creare la tensione a cui siamo abituati con The Witcher. Una “origin story” interessante che però a lasciato però una scia di commenti negativi da parte del pubblico.
Silvia Maddalo per LiveMedia24.
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