Tiromancino, musica che scorre nelle vene
La musica è sempre stata una questione di pelle, di emozioni intime che ritornano prepotentemente a bussare alla porta, nell’esigenza di essere scritte per diventare universali. Una musica, quella dei Tiromancino, che esplodeva nei Duemila caratterizzando il nuovo millennio: ariosa, leggera e al contempo con una struttura intricata a riflettere i grovigli dell’anima.
Fotografie di vita da ascoltare ad occhi chiusi, anticipando le suggestioni dell’indie, pur essendo libere da ogni etichetta perché fedeli ad una sincerità che le ha rese dei punti fermi per le nuove generazioni, consacrando di fatto Federico Zampaglione come artista a tuttotondo capace di esprimersi appieno anche attraverso il linguaggio del cinema. Un talento puro che continua a sorprendersi e a sorprendere.
Dopo una pausa di oltre tre anni i Tiromancino tornano live con “Ho cambiato tante case tour 2022”. Portano sul palco un vero e proprio viaggio che scandaglia rapporti familiari importanti, parole rivolte dai figli ai genitori e dai genitori ai figli, sentimenti legati alle relazioni amorose e all’amicizia, ma anche il rapporto con il pianeta, il legame con il cinema e con la musica ed i suoi maestri.
I concerti sono l’essenza di un musicista, il momento in cui dà vita a tutta la sua creatività.
«È stato un periodo incredibile: non mi era mai successo di stare così tanto lontano dai concerti. Portiamo in tutti i teatri d’Italia uno spettacolo particolare in cui ci sono i brani dell’ultimo disco, le canzoni più conosciute ma anche dei momenti di aneddoti per spiegare il perché di tutti questi cambi di casa.»
Finalmente live!
«Il live ti mette veramente in contatto con la gente. Allora tutte le chiacchiere, i discorsi, le classifiche, gli algoritmi, le playlist… si azzerano e c’è solo la musica che va verso le persone. E finalmente ti ricordi il vero motivo per cui ti sei innamorato di questo mestiere.»
Quando un musicista realizza un disco e lo tiene lì pronto per tanto tempo, in attesa di pubblicarlo, non sa mai, quando avrà abbandonato la sua casa, che cosa succederà.
«Capita a vote che, quello che tu vedevi in un modo, da fuori venga percepito diversamente. In tutta onestà, però, devo ammettere che i commenti che leggo e i feedback che mi arrivano dal pubblico sono in linea con quanto avevo in testa: si emozionano sul pezzo pensato per essere emozionante, entrano in un clima di serenità dentro il brano che doveva trasmettere quella sensazione.»
Traccia dopo traccia, si svelano varie sfaccettature dei sentimenti: amori che nascono, relazioni che finiscono, legami che durano nel tempo.
«Il disco è stato scritto in un arco temporale abbastanza lungo e parla della vita, con tutti i suoi momenti da affrontare. Nell’album ci sono pure le dediche a mio padre e a Roberto Ciotti, un grande chitarrista che mi ha fatto innamorare della musica, del blues. Affronto anche il tema dell’ambiente, del futuro dei nostri figli. È un disco fatto di più sfaccettature, compresa la ricerca di serenità presente in “Domenica”, dove si evidenzia anche la volontà di ritornare ai gesti semplici della condivisione, che abbiamo imparato a non dare più per scontati.»
Cambiare casa è anche un modo per rimettersi in gioco.
«Mi rendo conto che cambiare a me serve per rinnovare la sfida con me stesso, cercando di superare i miei limiti. Sennò scatta una sorta di consapevolezza dei propri punti di forza e tendi a voler stare solo nella tua comfort zone. Da questo deriva il voler fare le cose in una maniera tale, per cui rischi sempre meno e prendi sempre di più. Ma io non ci sono mai riuscito.»
Il bello dell’arte è anche l’imprevisto.
«Forse in un’altra vita ero un giocatore d’azzardo. Mi è sempre piaciuto confrontarmi con cose che mi stupissi io per primo a fare, come ad esempio quando ho cominciato il percorso dei film horror o con la sperimentazione che porto avanti da anni nella musica, cercando sempre di inserire nei miei pezzi elementi provenienti da altri mondi, da altre atmosfere sonore.»
Andando a vedere, si apre una porta attraverso la quale scoprire dei mondi che non sapevi neanche esistessero.
«Ed è lì, sperimentando, che io provo il massimo della soddisfazione artistica. Anche in questo disco ci sono degli esperimenti. “Ho cambiato tante case”, il pezzo che apre l’album, nasce da una struttura musicale che è quasi un walzer, però poi tutto modernizzato con l’elettronica, con un linguaggio che non dovrebbe essere utilizzato in quel contesto: in un walzer non dici “ho cambiato tante case e ne ho fatte di cazzate”, è un genere in cui la parola viene usata in un altro modo, non è così diretta. La sperimentazione è presente anche in pezzi come “Questa terra bellissima”, dove ci sono addirittura le atmosfere rock di Alan Clark dei Dire Straits, o “L’odore del mare” con degli echi quasi di ballata country.»
Musica libera che scorre nelle vene.
«Ascolto tanta musica, soprattutto la notte. Quando mi metto a letto, sento sempre uno, due dischi che continuano a girare come una sorta di autoipnosi. Addormentarsi con un live di Leonard Cohen da Berlino e, una volta sveglio, mettere “La voce del padrone” di Franco Battiato. Forse, se mi fossi focalizzato prevalentemente su un genere, avrei concretizzato di più, ma di certo mi sarei divertito di meno.»
Nel petto batte il cuore di un indie.
«Non sono mai liberamente finito per appartenere alla musica leggera mainstream, preferendo invece mantenere un linguaggio un po’ diverso rispetto a quello classico della canzone pop italiana, con dei tratti differenti, di sperimentazione, anche in altri campi.»
Musicista, polistrumentista, autore, scrittore e regista, Federico Zampaglione si conferma essere ancora una volta uno dei più significativi e poliedrici artisti italiani. Federico è capace di spaziare tra musica, cinema e scrittura ottenendo ottimi riscontri da parte del pubblico e della critica. Pregevole testimonianza nel mondo della celluloide ne è Morrison, pellicola in cui Lodo, il protagonista, è in cerca di riferimenti culturali, artistici, umani… di eroi.
«In un mondo fatto sempre più di compiacimento, oggi un eroe è una persona che, nel bene e nel male, ha il coraggio di rimanere sé stessa andando avanti per la propria strada.»
Non nascondersi. Magari dire e fare qualcosa di incoerente, purché ci sia la verità della passione.
«Non nascondendomi, non mi racconto neanche tante bugie. Così come non me ne raccontavo da ragazzo. Un ragazzo che trent’anni fa, agli esordi, non avrebbe ascoltato quello che, col senno di poi, avrei potuto dirgli. Il punto sul quale probabilmente ci saremmo trovati è cercare sempre di puntare a delle buone canzoni. La canzone è stata e sarà sempre il motivo per cui gli artisti rimangono o no sulla scena e vengono consacrati tali.»
Artisti immortali come Lucio Dalla, in un ricordo personale che è un groppo in gola. È il 27 agosto 2016 quando al Qubba di Catania, prima di quello che sarebbe stato un memorabile sold out, Federico Zampaglione imbraccia la chitarra e, nel silenzio incredulo di una saletta privata della masseria, dà voce al canto: 4/3/1943, Com’è profondo il mare, Felicità. La generosità di un grande talento che rende omaggio al genio istrionico di Piazza Grande.
Gino Morabito per LiveMedia24