Caparezza, l’evoluzione di un pensiero originale

Dopo vent’anni di musica e la conquista di una Targa Tenco, Caparezza continua a scegliere di restare fuori dal tunnel… del divertimento.

Una scrittura eclettica, multiforme, indagatrice. Slegato dai canoni stradaioli del genere, il suo è un rap teatrale, letterario, visto e fatto da un uomo che va verso i quarantanove. Felice eccezione intessuta di arguzia, ironia e coraggio, sciabola rime che sottendono un pensiero originale, refrattario a tutto ciò che non sia onestà e coerenza. Dopo vent’anni di musica e la conquista di una Targa Tenco, Caparezza continua a scegliere di restare fuori dal tunnel… del divertimento.

Sostenendo che il live offra un’“infarinatura” di sé, porta in tour Exuvia estate 2022 (organizzato da Magellano Concerti). Con partenza il 25 giugno da Treviso sarà in giro per tutta l’Italia fino al prossimo 13 agosto. Uno spettacolo “con un dispiego di forze davvero incredibile”, che sta registrando sold out e che darà finalmente la possibilità a tutti i fan di ascoltare e vedere dal vivo per la prima e ultima volta Exuvia, l’album pubblicato da Polydor/Universal Music Italia e già certificato disco di platino.

Caparezza

Michele crescendo si è preso troppo spazio.

«Non che voglia soffocare il personaggio, ma Caparezza è la parte più istintiva, che si esprime in maniera artistica; Michele invece è una persona un po’ più quieta, più introversa, che però crescendo è come se si prendesse sempre più spazio.»

Spogliarsi della propria pelle.

«È un fatto naturale. È la vita che ci spoglia della nostra pelle; è la vita che la slabbra, la incide con le rughe, la invecchia, rende più stanco il nostro sguardo. La vita ci cambia e noi non possiamo fare altro che assecondarla. Ogni volta che tentiamo di combattere questo degrado che ci appartiene, diventiamo patetici.»

Ogni cambiamento porta inevitabilmente a lasciare indietro qualcosa di sé.

«La rinuncia più sofferta è stata quella del passato. Ho vissuto per tanti anni in un’isola felice, che è stata la mia infanzia e che è sempre dentro di me in qualche modo, il famoso fanciullino di pascoliana memoria, fino a realizzare, a un tratto, che era una sorta di zavorra che non mi permetteva di passare definitivamente nella fase adulta. E, passare nella fase adulta, non significa rinnegare tutto o diventare altezzosi, quanto piuttosto evolversi. È il passato che mi devo scrollare di dosso perché, di anno in anno, è come se diventasse sempre più presente nelle vite delle persone. Si dice “ai miei tempi”, come se questi non lo fossero.»

Ieri come oggi, le parole fondanti.

«Le parole sono soltanto un modo per raccontare qualcosa. Quelle a cui rimango più affezionato sono onestà e coerenza

Sul piatto, il valore di una canzone.

«Cerco di “vendermi” il meno possibile. Sono refrattario a tutti quei canti di sirene dei contratti di sponsorizzazione, del fare il testimonial di prodotti. Rappresentano per me l’inizio della fine dei valori. Una mia canzone ha un valore, non certo economico, ma di tempo che ho impiegato a realizzarla, di onestà di approccio alla materia, e non mi va di banalizzare tutto “per un pugno di dollari”.»

Scrivere, non per un pubblico ideale ma per soddisfare una propria esigenza interiore.

«Se il pubblico avrà assecondato questa mia attitudine, ne sarò felice. Il giorno che le persone avranno deciso che quello che faccio non è più interessante, semplicemente smetteranno di seguirmi ed io smetterò di mettere sugli scaffali la mia musica.»

Creare dal nulla e riproporre la propria opera sul palco sono due atti antitetici.

«Creare qualcosa che prima non c’era ha in sé del “divino”, è un processo eccitante. Prendere quella creazione e riproporla su un palco è sicuramente meno faticoso da un punto di vista mentale. Tuttavia, cerco comunque di costruirle intorno qualcosa di nuovo: attraverso le scenografie e le altre arti, provo a mettere creatività in ogni mio spettacolo.»

Caparezza ha sempre puntato molto più sui concerti che su altri tipi di esposizione. Scelta questa che, alla lunga, lo ha ripagato.

«Ognuno di noi è una persona complessa e non possiamo raccontarci in una manciata di secondi. Anche se tutto attorno a noi punta ormai a quella manciata di secondi: penso, ad esempio, agli scroll di Instagram, quel tic del pollice, smaniosi di vedere le foto senza capire, senza leggere cosa c’è scritto sotto. Una superficialità dilagante che non mi appartiene. Quando parlo con una persona che incontro per la prima volta, non posso capirla in un minuto di conversazione. C’è bisogno di tempo, di frequentazione. Il concerto, in quelle due ore, offre un’infarinatura di me, che la comparsata televisiva e tutto ciò che è fugace non riescono a dare.»

Caparezza

Sono i dettagli a fare la differenza.

«Non so se si tratti propriamente di dettagli, ma è l’originalità che mi stuzzica. Quando guardo un film, quando leggo un libro, quando parlo con qualcuno, se intercetto qualcosa di nuovo nell’espressione… o più in generale nella creatività, quando mi trovo dinanzi a qualcosa che mi stimola, solleticando la mia curiosità, quello allora diventa per me un dettaglio importante.»

Vent’anni di musica fuori dal tunnel del divertimento.

«Stavo e continuo a stare bene fuori da quegli schiamazzi. Sono ben contento di aver scelto di vivere a Molfetta. Non mi piacciono e non mi servono le passerelle, e non ho la benché minima voglia di entrare dentro a quel tunnel.»

Fermate la ruota, voglio scendere dalla giostra!

«Non credo che esista una persona che non l’abbia pensato almeno una volta nella propria vita. Tutti vogliono scendere dalla giostra. Il problema è capire che ci siamo sopra e magari possiamo rallentarla e godercela. Ma rallentare la giostra è uno sforzo che non può fare una persona sola. Devono adoperarsi tutti quelli che ci abitano, che si muovono su di essa. Cominciare a pensare, ad essere meno impulsivi in tutto, potrebbe rendere il giro di giostra più interessante.»

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