Campo di battaglia, il nuovo film di Gianni Amelio, riconferma il grande interesse del regista per le ambientazioni storiche.
Dopo lo splendido affresco contemporaneo di Hammamet, 2020, sulla figura di Bettino Craxi, interpretato magistralmente da Pierfrancesco Favino ed Il signore delle formiche, presentato alla Mostra del cinema di Venezia nell’edizione 79, biografia di Aldo Braibanti sullo sfondo del clima socio-culturale degli anni ’60, a Venezia 81, Gianni Amelio porta in concorso Campo di battaglia.
Il teatro del film è la Prima guerra mondiale in una prospettiva inusuale. Le riprese non documentano gli assalti alla baionetta della battaglia di Caporetto o la carneficina delle mitragliatrici, piuttosto che lo squallore e la terribile vita di trincea. Bensì la battaglia più importante di molti soldati feriti che arrivano negli ospedali militari delle retrovie del Friuli, desiderosi di sopravvivere e di tornare a casa, terrorizzati da una guerra che è ai loro occhi una inutile carneficina.
Una amicizia
E’ questa la visuale scelta da Amelio per “raccontare la guerra”: il film è ambientato inizialmente in un ospedale militale in cui operano due ufficiali medici, amici d’infanzia, legati da un rapporto consolidato nel tempo ma, molto diversi nel carattere e nella inclinazione. Stefano (Gabriel Montesi), di estrazione altoborghese, intriso di ideali patriottici, cura i malati con la ferrea intenzione di rimandarli velocemente in guerra. Nemico deciso degli autolesionisti, cerca di individuarli per punirli e prevenire questo atteggiamento che sempre più serpeggia tra le truppe nell’ultimo periodo bellico. Di indole diversa Giulio (Alessandro Borghi), più tollerante e comprensivo, sensibile al dramma umano di ogni singolo ferito, più portato per la ricerca e la biologia. Spettatore privo di retorica nazionalistica, egli legge la realtà negli occhi di chi proviene dai campi di battaglia.
Ai due, si aggiunge Anna (Federica Rosellini), volontaria della Croce Rossa, medico mancato, osteggiato nel suo percorso accademico dai pregiudizi di una società fortemente maschilista. L’infermiera svolge il suo compito con grande senso del dovere e competenza, forte nella convinzione della sua missione sanitaria.
L’ospedale
Nelle camerate gremite di pazienti doloranti, il lavoro dei medici è prezioso, strappa i soldati alle infezioni ed alla morte, anche se chi sopravvive torna velocemente in prima linea. Ma pochi sono desiderosi di seguire questo destino, ovvero affrontare il nemico crucco che li terrorizza, combattere per una guerra che non comprendono. Quasi tutti desiderano tornare a casa, spesso molto lontana, in una realtà paesana e contadina, e sono disposti a tutto pur di riuscirci. E così accade che le loro richieste vengono ascoltate di nascosto ed a volte esaudite.
Dalla competizione alle sale
Campo di battaglia è una buona ricostruzione di una epoca tragica della storia italiana. Il regista Amelio mantiene una giusta distanza rispetto a ciò che narra. Parla attraverso i suoi personaggi, scruta le loro reazioni di fronte alla drammaticità dei moltissimi feriti, reduci dalla battaglia di Caporetto. Nei molti primi piani, i visi terrorizzati, squarciati da ferite profonde, i corpi dilaniati e mutilati. Allo stesso modo le espressioni dei protagonisti, valorizzate da una splendida fotografia, rivelano le loro reazioni ed il modo diverso per ognuno di affrontare la logica della guerra e della morte.
Il film con un ritmo fluido, ma dai tempi dilatati, ricostruisce l’insensatezza del conflitto e l’assurdità dei comportamenti umani travolti dalla logica della violenza, talora imposta in modo non comprensibile ai soldati italiani, così giovani, diversi gli uni dagli altri, semplici e poveri. All’impotenza e all’assurdo si aggiunge un ulteriore flagello: una strana febbre colpisce tutti, soldati, civili e bambini. Inaspettatamente miete vittime ovunque. Una scena tra tutte si impone per potenza espressiva. Di fronte alla folla ammalata che avanza e chiede aiuto, i cancelli dell’ospedale militare, dove operano i protagonisti, si chiudono. Ad una madre che ha tra le braccia il figlio febbricitante non rimane che gridare con tono di sfida: “Assassini!”
Campo di battaglia, ovvero una pagina di storia nazionale poco conosciuta, lontana da roboante retorica, con uno sguardo sofferto sugli ultimi e una immagine disincantata della natura umana.
Emma Borella per LiveMedia24.com