LE “CENTO DOMENICHE” DI ANTONIO ALBANESE

Dopo "Grazie ragazzi" l'impegno civile nel cinema del bravo attore - regista continua con "Cento Domeniche"

Antonio Albanese e le sue “Cento Domeniche”, la nostra recensione.

Chi non ricorda l’esilarante Come un gatto in tangenziale, film natalizio del 2017, con il sequel Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di Morto  del 2021 con  Antonio Albanese ed una sfavillante Paola Cortellesi? Lui  uomo di successo, “radical chic”, lei borgatara romana sfrontata, violenta e ridicola. I due bravi attori in seguito hanno percorso strade diverse, ma non tanto casualmente, in questo periodo,  sono  entrambi nelle sale cinematografiche con due film interessanti di cui sono registi ed interpreti. Il grande successo di C’è ancora domani non ha bisogno di commenti. Merita una attenzione in più il bel movie Cento Domeniche di Antonio Albanese.

Cento Domeniche

Film dalla regia lineare, tecnicamente semplice, presenta un tema civile drammaticamente attuale. La recitazione magistrale dell’attore  concentra l’attenzione su un personaggio che non chiede molto alla vita. E’ felice con quello che ha, ancorato saldamente ai suoi sacri valori, alla coerenza che ha contraddistinto tutta la sua esistenza. Quando la trama è intrinsecamente forte, effetti registici particolari sembrano essere superflui. Il film  segue  Antonio nella quotidianità, accettata con un sorriso bonario, senza forzare mai gli eventi. Il personaggio rimane fedele agli affetti anche se le relazioni si frantumano. Il suo universo è costellato di figure femminili sfuggenti  o che chiedono impegno ma poco possono restituire.

Trama

Cento Domeniche parla di Antonio Riva, un bravo  tornitore, in prepensionamento dopo 38 anni di lavoro in un cantiere  nautico della zona di Lecco. Egli si reca ancora in officina, non pagato, per insegnare il suo mestiere ai giovani. Abbandonato dalla moglie da cui è separato, accudisce la madre affetta da demenza senile. Ha una relazione con una donna  sposata che non intende lasciare il benessere assicurato da un buon matrimonio borghese. La sua vita è semplice e ripetitiva, costruita su un sereno rapporto con la realtà. L’onestà, la devozione al lavoro, gli amici delle bocce,  il grande amore per la figlia, sono le indiscutibili certezze. Un sogno attraversa tutta la sua esistenza di padre, fin dall’infanzia dell’unica adorata figlia: condurre la ragazza all’altare nel giorno del matrimonio.  Quando finalmente il sogno diventa realtà, Antonio non può che pretendere di occuparsi di tutte le spese, confidando sui risparmi frutto di sacrifici, rinunce e lavoro. L’uomo onesto, ingenuo, che crede nella stretta di mano, nella parola data, nei rapporti di fiducia e stima interpersonali, ha affidato tutto il suo denaro ad una banca che fallisce.

 

Realtà verosimile

Non è una storia vera, tuttavia Cento Domeniche si ispira alla realtà di moltissime persone dell’Italia di oggi, travolte dalle bancarotte di imprese finanziarie in apparenza solide. Antonio Riva non ha grandi ambizioni ma vive della certezza di  valori molto chiari. La logica finanziaria, i meccanismi nascosti delle banche, le clausole scritte con caratteri minuscoli sono meccanismi incomprensibili che sfuggono alla zona confortevole di un uomo  semplice. L’onestà, la fiducia nella parola data con una stretta di mano si infrangono contro logiche economiche di  raffinata disonestà, quanto mai incomprensibili, talvolta con trame occulte che avviluppano l’umile cittadino e lo trascinano in un baratro di disperazione.

Antonio

Antonio Albanese ed Antonio Riva in alcuni tratti si identificano. C’è qualcosa che rende ancora più ‘vero’ Cento Domeniche: Albanese racconta di un mondo che conosce e ha frequentato, quello operaio del lecchese (è cresciuto a Olginate in provincia di Lecco). Ha addirittura girato sequenze nella fabbrica in cui ha davvero lavorato per anni a Lecco, al tornio. Dichiara: “Amo quella comunità, il mio lago, i boschi i cui sono cresciuto. È stato molto importante a livello emotivo interpretare questo personaggio. Basta con le ‘ville vista mare’: è molto importante raccontare quello che ci circonda!” 

Conclusione

E’ quindi molto evidente l’impegno civile del film. Le critiche di eccessiva linearità, di mancanza di elementi cinematografici originali, ridotti a poche intuizioni ed a scene di sognante magia, quelle del tanto desiderato matrimonio della figlia, sono infondate per una opera che lascia una traccia nello spettatore pur nella sua semplicità. Sdegno e denuncia per ciò che può avvenire comunemente, a cittadini onesti, ingenui ed indifesi  segnano le coscienze  e danno merito all’idea del regista – attore Antonio Albanese.

Emma Borella per LiveMedia24.com

 

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