L’ultimo film di Nanni Moretti, Il Sol dell’avvenire, segna il ritorno sullo schermo della versione più iconica e ironica del cinema morettiano.
La trama segue fili narrativi diversi: il regista Giovanni (alter ego di Moretti) sta girando un film su Ennio (Silvio Orlando), redattore dell’Unità e segretario del PCI in un quartiere popolare di Roma nell’Italia del 1956. Ennio, in crisi a causa dell’invasione sovietica dell’Ungheria, è sposato con una sarta (Barbara Bobulova che modifica in continuazione la sceneggiatura di Giovanni).
Nel mentre, ad animare il quartiere, arriva un circo ungherese. Parallelamente Paola (Margherita Buy), la moglie di Giovanni e produttrice dei suoi film, dopo quarant’anni di matrimonio va in analisi per decidersi finalmente di lasciarlo. Infine prende vita un’altra trama immaginata e sognata da Giovanni, la storia d’amore di una giovane coppia scandita da canzoni italiane famose. Per problemi economici Giovanni sarà costretto a trattare prima con Netflix poi con degli sceneggiatori coreani pur di salvare il suo film.
Il Sol dell’avvenire è un film ricco di riferimenti metacinematografici. Diverse le citazioni ai film storici o cult come Lola di Jacques Demy che Giovanni deve vedere in compagnia della moglie e della figlia come rito propiziatorio per la buona riuscita del film che sta per iniziare a girare; Apocalypse Now di Francis Ford Coppola viene citato come un esempio di film in cui la violenza non è fine a se stessa; poi The Father con Anthony Hopkins che in non indossa le ciabatte, a rimarcare il suo disappunto nei confronti dei sabot. Ci sono poi le citazioni felliniane, dalla sequenza finale de La dolce alle atmosfere circensi. E poi come in 8 ½, Giovanni è un regista in preda ad una crisi esistenziale dettata dall’inaridimento cinematografico.
Il ritorno alle origini nei modi e nei toni del riconoscibile Nanni Moretti è palese nell’intersecarsi di piani narrativi differenti, nella confusione tra realtà e immaginazione filmica, nella riflessione meta-cinematografica. Ritornano poi idiosincrasie, insofferenze, ossessioni e gusto per il nonsense che hanno reso Moretti un regista di culto.
Tra ironia e amarezza Giovanni si scaglia contro lo sviluppo recente del cinema e in particolare contro quei film di violenza che non poggiano su una trama solida ma soltanto su sequenze di crudezza fine a se stessa. Come il poliziesco che sta producendo la moglie Paola.
In un esilarante colloquio con i vertici Netflix, emerge poi quell’amaro disprezzo nei confronti delle piattaforme di streaming e che devono coinvolgere necessariamente lo spettatore già dai primi due minuti di visione.
Giovanni preferisce rifugiarsi nei sogni e in quella capacità del cinema di riscrivere la storia e di rendere credibili le utopie, in questo caso quella di un partito comunista italiano emancipato da Mosca.
E’ infatti a partire da quando Giovanni invita i suoi collaboratori a re-immaginare il finale del film, che Il Sol dell’avvenire si colora di una dimensione gioiosa contagiosa. L’onirico, bellissimo e commovente finale vede in rassegna non solo gli attori di quest’ultimo film, ma anche quelli storici, provenienti dall’intera filmografia morettiana.
L’ultimo film di Nanni Moretti è contemporaneamente ironico e nostalgico e trasmette nel finale felliniano un messaggio di speranza. Chiamando a raccolta le figure che hanno costellato i suoi film e i ricordi più belli, l’ignoto fa meno paura.
Sara Esposito per LiveMedia24