La ricostruzione dei monumenti colpiti dall’iconoclastia dell’ISIS durante la guerra di liberazione di Mosul (2014-2017) stenta a ripartire. Mosul ovest è il centro storico che fu il covo dei terroristi del sedicente Stato Islamico. Sono ancora rovine dopo 5 anni. Le macerie da rimuovere sono troppe. Inoltre è pericoloso il lavoro di ripulitura ostacolato dall’insidiosa presenza di ordigni inesplosi disseminati dai miliziani prima della caduta finale. La Moschea di Mosul (Iraq) distrutta dai Talebani ha iniziato ad essere ricostruita.
La ricostruzione della Grande Moschea Jama’ an-Nuri e del minareto pendente al Hadbā, simboli della città, è iniziata a gennaio 2022. Immediatamente gli archeologi iracheni hanno fatto una sensazionale scoperta. In alcuni saggi di scavo sotto le macerie di quella distrutta dall’ISIS il 21 giugno 2017, è riemersa la prima e più antica moschea: la storica moschea medievale fatta erigere a Mosul nel 1172 da Norandino della dinastia zenghide. Si presenta con una corte centrale e una splendida sala di preghiera ipostila. In seguito Safavidi la ricostruì (1511) e Ottomani (1864) alterandone la struttura originaria sino alla completa ristrutturazione moderna del 1944. Proprio qui il 29 giugno del 2014 venne annunciata la nascita del Califfato dell’ISIS con l’autoproclamazione del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi.
L’importanza della scoperta.
La scoperta colmerebbe un grande vuoto nelle testimonianze dell’architettura medievale islamica di Mosul. Potrebbe compensare la perdita di molti eccezionali santuari e mausolei musulmani (distrutti dall’ISIS) del IX e XII secolo, frutto del genio creativo della cosiddetta “scuola d’architettura di Mosul”.
In vista della straordinaria importanza del rinvenimento, sarebbe auspicabile la continuazione dello scavo e la riesumazione di tutti resti medievali. E ciò comporterebbe anche un radicale ripensamento del restauro della moschea moderna distrutta dall’ISIS. In questo modo si congelerebbero le recenti proposte ricostruttive ricevute dall’Unesco che non tengono conto di questo incredibile ritrovamento.
La scoperta dell’antica moschea medievale, sotto quella moderna, dovrebbe stimolare soluzioni e progetti innovativi. L’obbiettivo dovrebbe essere valorizzare al meglio il “dialogo” architettonico tra passato e presente.
Un esempio importante di ciò si vede in Turchia, all’Antakia Museum Hotel, in cui le stanze dell’albergo insistono direttamente su uno spaccato dell’antichissima Antiochia, con mosaici e antiche abitazioni godibili dai turisti, o ad Atene dove un quartiere abitativo della città classica e tardoantica si affaccia maestosamente sotto l’ingresso principale del Nuovo Museo dell’Acropoli.
La fondazione.
La moschea medievale prende il nome dall’emiro zenghide Nūr al-Dīn, detto il Norandino vincitore delle crociate. La sua fondazione si deve però a un capo tribale locale (Mui’ynu-Din Omar Al-Mawsilli) che ne decretò la costruzione con il semplice consenso del Norandino.
L’idea del tempo che sta dietro la fondazione era quella di sfatare la leggenda popolare, che vedeva in quel sito abbandonato e colmo di rovine, ubicato nei pressi del suq (antico mercato medievale arabo), un segno di degrado e maledizione. Con la costruzione del minareto e della moschea il luogo sarebbe stato santificato. La retorica jihadista in età moderna (ISIS incluso) ha enfatizzato e strumentalizzato la connessione con la dinastia zenghide, e con Norandino in particolare, al solo fine di promuovere la causa islamista dello scontro con i “crociati” e il cristianesimo.
Fonte: ArcheologiaViva.
A cura di Serena Maddalo per LiveMedia24.