Maximilian Nisi al timone del Festival Teatrale di Borgio Verezzi

Un attore poliedrico Maximilian Nisi, da sempre impegnato per il teatro, ci parla della sua esperienza al timone del Festival Teatrale di Borgio Verezzi.

Al timone del Festival Teatrale di Borgio Verezzi c’è stato l’attore Maximilian Nisi nelle vesti di direttore artistico. Un festival che gli ha regalato nuova linfa, esperienze che porterà nel cuore.

Un mandato, quello di Maximilian Nisi, che scadrà, per ora, nel 2026 e che gli darà l’occasione di realizzare ancora tanto altro, invitando nuovi attori, stringendo nuove collaborazioni.

Vi lasciamo alle parole di Maximilian Nisi, al suo immenso amore per l’arte, al racconto del Festival Teatrale di Borgio Verezzi vissuto da direttore artistico…

Ti ringraziamo per aver accolto l’invito di LiveMedia24, Maximilian. Il Festival Teatrale di Borgio Verezzi di cui sei direttore artistico, da quest’anno, ha terminato la sua corsa. Che esperienza ha rappresentato e quali sensazioni a riguardo?

Un’esperienza importante. Ho vissuto il Teatro a 360°. Ho avuto così modo di testare le contraddizioni, le problematiche ma anche l’infinita potenzialità. Rimane sempre viva la sensazione che il Teatro sia un’occasione di crescita, di sviluppo, di formazione e di espressione dell’uomo non sempre capita e spesso sottovalutata. La gente, tuttavia, ne ha un gran bisogno e lo dimostra continuando ad affollare piazze e teatri.

Tanti gli spettacoli in scena, gli artisti presenti, ed anche gli spettatori. Bisserai anche il prossimo anno e quali modifiche, in caso, apporterai?

Il mio mandato scadrà nel 2026. Vorrei realizzare alcune idee che credo possano essere interessanti ed importanti per tutti noi. Idee che hanno bisogno di tempo e di lavoro per essere comprese, condivise, attuate e i cui non risultati potranno essere repentini. Praticare poesia, perché è la poesia che rende il mondo sopportabile e riportare il Teatro il più vicino possibile all’Arte. Inoltre ho un progetto per la formazione di un pubblico teatrale. Il teatro ha più bisogno di nuovi spettatori che di nuovi attori, quindi oltre che spettacoli, vorrei organizzare incontri, letture e dibattiti. Credo che questo possa sensibilizzare, educare e creare gli spettatori di domani.

Sei da sempre impegnatissimo ma, a tuo avviso, c’è ancora qualcosa che non sei riuscito a realizzare? Quale sapere non hai ancora toccato? 

Il sapere, come lo chiami tu, in termini faustiani è streben, “inesausta sete di sapere e romantica tensione verso l’infinito”. Non esser mai soddisfatti e per questo impossibile fermarsi. Sono consapevole che tendiamo verso qualcosa che non ci è dovuto, l’aspirazione però ci rende vivi e rende significativo il nostro passaggio qui. È energia vitale, positiva.

È cambiato il modo di comunicare, forse sono cambiate anche le persone. Quali differenze noti tra il modo di fare teatro e, se vogliamo, anche nella televisione di oggi?

Il modo di comunicare non è solo cambiato, trovo che sia momentaneamente sospeso. Una babele, il più delle volte sterile. Mi sembra che anche i valori siano altri. Non riconosco più le persone che mi erano amiche e probabilmente anch’io, ai loro occhi, mi sono trasformato. La sensazione è quella di non essere compresi e la malcomprensione, ahimè, è diventata una regola. Eppure le parole, e questo il teatro ce lo insegna, dovrebbero avere un significato preciso.

Cosa cambia, dunque? 

Cambia la logica che le accompagna e forse è questo che rende la realtà soggettiva e la priva della sua oggettività. La negoziazione del significato delle parole, poi, è un guaio. Mi sembra che tutti cerchino in continuazione di imporre il proprio parere, la propria visione del mondo. Una lotta senza fine. Mi sono ritrovato, spesso, a praticare il silenzio; tutte le volte che ho avuto la sensazione di non essere capito o, peggio, di poter essere frainteso, sono stato zitto. Anche se so che le parole condivise creano i legami e questi sono importanti per la nostra vita perché, in fin dei conti, ne costituiscono il senso. Dovremmo anelare alla chiarezza, alla semplicità, alla competenza, all’immaginazione, senza paure o limiti, in Teatro come nella vita.

Un accenno ai tuoi prossimi progetti… 

Azione ai sentimenti. Lavorare con costanza, per servire qualcosa che ho sempre ritenuto fosse al di sopra di me stesso: il Teatro. Spettacoli, una regia, qualche reading, forse un film e il cartellone del prossimo Festival in un programma triennale. Non fermarsi, insomma. Il desiderio di sfiorare l’infinito è ciò che ci spinge ad andare avanti. Anche se, come Faust tendiamo verso ‘qualcosa’, sapendo che questo ‘qualcosa’ non sarà raggiungibile.

Alessia Giallonardo per LiveMedia24

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