Incontriamo oggi Lisa Manara, che prese parte a “The Voice”, ed oggi ci presenta il suo ultimo singolo, “Lasciami cadere”.
Lisa Manara ci parla dell’esperienza a “The Voice” e del tour che la vide affiancare Gianni Morandi sul palco.
Un viaggio tra le sue emozioni, nella sua musica, in ciò che ne sarà del suo futuro artistico.
Ti ringraziamo per aver accolto il nostro invito, Lisa come procede il tuo vissuto?
Molto bene, direi! Vivo un periodo di grandi cambiamenti e ne sono felice. L’uscita di questo singolo è già di per sè un regalo. Quando si sceglie di lavorare con le emozioni non esistono tempistiche giuste per tutti. Piuttosto, vi è un tempo giusto per ognuno di noi. Il tempo giusto, per me, credo sia arrivato nell’ultimo anno. Sentivo la necessità di raggiungere determinate consapevolezze, soprattutto sento il bisogno di vivere tanto per raccontare altrettanto. L’uscita di questo brano rappresenta una seconda rinascita e chissà quante volte ancora vorrò rinascere.
“Lasciami cadere” è il titolo del tuo ultimo singolo. Come ha preso vita e quanto c’è di autobiografico nel testo, dal momento in cui si tratta di un primo brano da te realizzato?
Ho scritto il brano quasi tre anni fa, ma ancora non era il momento giusto per portarlo alla luce. È nato dinanzi ad un pianoforte, accompagnato da una melodia che esce libera dalla mia bocca. Le parole, ogni giorno, erano sempre più nitide, scritte su qualche foglietto di carta o tra le note del telefono. Si tratta di un brano totalmente autobiografico. Non riuscirei a scrivere nulla di cui non conosca a fondo la reale intensità. Un complesso caotico di immagini e sensazioni del rapporto con il padre, che rappresenta una figura fondamentale per la crescita di una bambina, ovvero è il primo sguardo del mondo esterno che una ragazza sente su di sé.
Ad accompagnare la tua “Lasciami cadere” la dolce melodia di un pianoforte. A cosa devi tale scelta e quanto amore c’è nel suonare tale strumento?
Il pianoforte è lo strumento con cui ho incontrato la musica, all’età di soli quattro anni. Lo strumento con cui, ancora oggi, compongo i miei brani. Ad avvicinarmi al piano è stata mia madre. Lo ha suonato per tanti anni e in casa ci riunivamo intorno a lei, per cantare insieme qualche canzoncina. Desideravo che il primo singolo rimandasse proprio al mio primordiale rapporto con la musica. Volevo che il piano fosse protagonista della canzone e accompagnasse in modo delicato le parole del testo, vestendolo di ulteriori, pochi, dettagli per mantenere la sua semplice essenza.
Negli anni hai effettuato vari studi e hai preso parte a diverse masterclass, il tutto accompagnato dalla partecipazione allo stage di Sarah Jane Morris e non solo. Che ricordi hai di tali esperienze?
La musica è sempre andata di pari passo con la mia vita, è cresciuta con me.
Studiare è sempre stato necessario, sia per stimolare e rinfrescare le mie conoscenze, sia perché mi ha permesso di incontrare tanti validi maestri e assorbire da essi il loro amore per l’arte e l’unicità con la quale ognuno di loro le si approcciava.
Hai avuto modo di accompagnare artisti del calibro di: Quintorigo, Tommy Emmanuel, Eric Sardinas, Diunna Greenleaf, Ricky Portera, Marco Tamburini, Paolo Ghetti, Marcello Sutera e molti altri. Cosa ti hanno lasciato addosso tali collaborazioni e con chi altri vorresti incrociare il tuo percorso?
Il bello di poter collaborare con tanti musicisti è il continuo dialogo musicale che bisogna instaurare, un venirsi incontro, il farsi attraversare dall’arte di ognuno e, di rimando, condividere ciò che di più intimo ci appartiene. Una cantante italiana che da sempre ho stimato è Elisa per la sua anima delicata e sensibile. Sogno di poter collaborare con lei.
Nel 2011 hai avuto modo di prendere parte al programma “The Voice”, al seguito di Riccardo Cocciante. Che esperienza è stata e quali consapevolezze hai raggiunto in quel periodo?
L’esperienza a The Voice è stata abbastanza pesante, emotivamente parlando. Ero piccola e immatura e la pressione esercitata dal format, che ti pone sotto costante giudizio e competizione, non è di certo stata facile da gestire. Ho cercato di pensare alla musica ma sentivo tutto troppo artefatto, per come sono abituata a viverla. Ora, a quasi dieci anni di distanza, probabilmente riuscirei ad affrontare il tutto con più leggerezza, traendone gli aspetti positivi. In adolescenza, invece, avevo una visione univoca della realtà ed ero portata a vedere le cose diversamente, senza ammettere altri punti di vista.
Dal 2018 al 2020 hai avuto modo di accompagnare Gianni Morandi nel suo tour, “D’Amore, D’Autore”. Cosa porti con te da quella esperienza, cosa hai appreso da un artista come lui?
La collaborazione con Gianni Morandi è arrivata inaspettatamente. Il direttore della band, Alessandro Magri, cercava cantanti, zona Bologna, per il suo nuovo tour. Un mese di prove per mettere in piedi uno spettacolo che avremmo portato poi sopra circa settanta palchi. Ho potuto constatare quanto lavoro e preparazione ci sia dietro ad un grande show. L’esperienza con lui mi ha anche avvicinata alla musica italiana, la musica del mio paese che, per qualche annetto, ho ignorato per sperimentare nuovi mondi ma che in fondo mi appartiene più di quanto io possa immaginare. Mi sono sentita a casa, grazie a Gianni. Ha sempre avuto con noi un rapporto confidenziale che ha facilitato il lavoro e lo ha reso divertente e stimolante.
Cosa bolle in pentola per il futuro?
Questo brano rappresenta solo il primo ponte di congiunzione che ho costruito per far arrivare alla gente un po’ di me e creare questo scambio continuo. Sicuramente, dopo l’estate, arriveranno altri brani e poi album o Ep. Prenderò presto parte, inoltre, a diversi festival in cui proporrò un progetto live a cui sono molto affezionata, “L’urlo dell’Africanità” e poi chissà dove mi porterà questa nuova avventura.
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Alessia Giallonardo per LiveMedia24