Un libro, o semplicemente un album di ben quattordici tracce, per il compositore Massimo Giovanardi, con il suo “Destinations”.
Artista, compositore, professore, Massimo Giovanardi, in “Destinations” ci regala sonorità che riportano alla musica popolare brasiliana.
Tanto di sé nella nostra intervista, nel raccontarci della musica, del suo insegnamento, del suo percorso di vita.
Ti ringraziamo per aver accolto il nostro invito, Massimo, ti andrebbe di raccontarci di come ha avuto inizio il tuo vasto e vario percorso musicale?
Già alle elementari registravo piccole canzoni trascinando per la casa un vecchio registratore. Ringrazio i miei genitori per avermi permesso di coltivare questa vocazione iscrivendomi alla scuola di musica del mio paese natale, Cesenatico. La chitarra classica, poi quella acustica. E poi l’incontro con la musica brasiliana. Ricordo ancora l’estasi provata imbattendomi in un favoloso trio di musicisti verde-oro. Avrò avuto meno di quindici anni. Ma i percorsi musicali non sono fatti tanto di folgorazioni quanto di lente abitudini quotidiane, come lo studio dello strumento, l’incontro con altri musicisti e l’esercizio costante nel comporre. Ad ogni modo, il fingerstyle chitarristico, il cantautorato italiano e la Música popular brasileira sono stati tre riferimenti importanti.
Da docente quale sei, presso l’università di Bologna, quale sapere cerchi di tramandare ai tuoi studenti?
Da un lato cerco di condividere al meglio il sapere specifico della disciplina oggetto di un determinato corso, come l’uso del marketing e della comunicazione in ambito turistico. Tuttavia, visti i tanti studenti internazionali che arrivano in Italia, passo sempre più tempo a stimolare quelle competenze di base senza le quali non si può diventare cittadini ben informati, imprenditori coscienziosi, consumatori critici. Non sempre gli studenti sanno comprendere il linguaggio usato nei quotidiani o dai politici. Non sempre hanno ben presente che durante la carriera occorrerà anche costruirsi una pensione.
Il lockdown recentemente vissuto avrà di certo apportato anche a te delle modifiche o comunque delle consapevolezze legate al tuo percorso personale e musicale. Ti andrebbe di parlarcene?
La consapevolezza che il lockdown ha fatto emergere più chiaramente in me è stata la necessità di affrontare temi di natura politica e sociale nella mia musica. È stato particolarmente prezioso condividere questa esperienza con la mia amica e coautrice brasiliana Zanna, insieme alla quale abbiamo partorito due canzoni gemelle – una in italiano,
l’altra in portoghese – che affrontano da angoli diversi tematiche come la diversità etnica, la migrazione, le mobilità forzate o represse che caratterizzano un mondo che crediamo globalizzato e sempre permeabile. Il silenzio del confinamento ha accresciuto la mia voglia di confrontarmi con altre culture, per parlare dei problemi del mondo attraverso l’arte.
Parlaci del tuo ultimo lavoro discografico, “Destinations”. Come ha preso vita e a cosa ci riporterà con le sue sonorità?
L’intenzione sociale e politica che ti sto raccontando è stata sicuramente una delle molle principali. Mi piaceva l’idea che la musica potesse contribuire a stimolare la riflessione tra i miei studenti (o tra i miei ascoltatori) così come mi
piaceva l’idea di dedicare più tempo alla mia attività di compositore senza sottrarlo a quello dedicato all’università. Le sonorità dell’album propongono un’elaborazione italiana, potremmo dire, della MPB brasiliana ricordata poco fa. Credo che la collaborazione con artisti carioca come la già citata Zanna o il compositore Ronaldo Cotrim abbiano reso un poco più credibile questo tentativo.
Ancora una volta, in un tuo lavoro, compare la passione per il Brasile, per tale cultura. A cosa devi tutto ciò?
Oltre a quel primo incontro fortuito menzionato poco fa e avvenuto nel mio paese natale, credo che abbiano giocato un ruolo fondamentale i due viaggi a Rio de Janeiro di cui parlo nel libro. Conversare e suonare con musicisti brasiliani avvolti dalla loro terra è stato fondamentale per assimilare meglio un certo linguaggio e poterlo poi
rielaborare in Italia. Voglio inoltre ringraziare i componenti della mia band (Mauro Mussoni, Davide di Iorio, Luca Nobile e Bubi Staffa), perché è con loro che ho condiviso nel quotidiano questa rielaborazione.
Con quali artisti ti piacerebbe poter intersecare la tua arte?
Prima di tutto, mi piacerebbe consolidare la collaborazione con i nomi che appaiono in questo disco, perché
l’intesa artistica non è qualcosa che si sviluppa agilmente nel breve termine. Un altro sogno nel cassetto è quello di sviluppare un album in diverse lingue, collaborando con altri artisti europei che condividono i miei valori e la passione per un certo linguaggio musicale.
Da marzo potremo nuovamente saperti in tour in Italia. Quanta emozione c’è per questo ritorno ai live?
Durante le tappe estere ho avvertito una certa tensione iniziale, dovuto al format della lezione-concerto con cui ho scelto di presentare il progetto. Non è sempre facile calibrare musica e narrazione perché le aspettative cambiano a seconda del contesto. In Italia sarà tutto più facile perché i testi “arrivano” più facilmente, senza bisogno dei sottotitoli. In più ho in programma anche dei veri e propri concerti, dove potrò dare maggiore spazio al canto e allo strumento. E la tensione si scioglierà in commozione e trasporto.
Cosa ti auguri di poter realizzare in futuro?
Sicuramente ho intenzione di approfondire l’uso della musica come strumento di condivisione, di studio, di apprendimento. Questo può essere raggiunto in classe, all’interno di un’organizzazione privata o pubblica, magari insieme ad altri artisti o figure professionali. Oltre all’intento pedagogico ve n’è uno più artistico: esplorare e studiare anche altre culture musicali sudamericane. Ultimamente, per esempio, sto ascoltando parecchia musica proveniente dall’Uruguay. Mi piacerebbe, infine, avviare progetti di ricerca che contribuiscano a rendere più vario e diversificato il panorama musicale italiano. Molti dei progetti finanziati nell’ambito di “Creative Europe”, per esempio, guardano in questa direzione.
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Alessia Giallonardo per LiveMedia24