Lasciatevi sorprendere. Marco Mengoni è tornato, con la volontà di uscire dai canoni del mainstream e provare a far risuonare voce e musica in un contesto diverso.
Materia (Terra), uscito il 3 dicembre, è il primo album di una trilogia, anticipato dal singolo “Cambia un uomo”: dietro questi tre dischi ci sono tre mondi sonori, tre anime di Marco differenti, ma al tempo stesso complementari; e i sottotitoli nascono dalle influenze musicali di ciascuno. Il secondo capitolo è già in fase di pre-produzione.
«Ho voglia di fare cose diverse ma legate da un filo rosso, quindi il progetto sarà composto da tre album. Il primo è questo, ma gli altri due non ho ancora previsto quando farli uscire. Ho già iniziato il lavoro, ho le idee chiare, so dove prendere l’ispirazione per i mondi e i suoni, ma non ho una data di scadenza perché voglio essere libero di cogliere il momento».
Materia (terra) è un bel disco e le ‘materie’ di cui è fatto sono gospel e soul, blues e funk, impastate con sangue, sudore e lacrime, con una dose di passione e di verità. Mengoni non solo si racconta ma si spoglia di tutto quello che è inutile e superfluo e arriva alla sostanza, alla sua ‘terra’.
Ho fatto emergere l’imprinting che ho sempre avuto, quello della musica afroamericana, soprattutto soul e blues, filtrandolo, metabolizzandolo e mettendolo nel disco. Non sono mai stato così”.
Un ritorno alle proprie origini artistiche, riscoprendo il piacere di riappropriarsi del calore della musica, quella suonata davvero. E’ questo “Materia (Terra)“, il primo capitolo dell’ambiziosa opera in tre cd che segna il ritorno di Marco Mengoni.
Un capitolo dalle forti tinte black.
Parola d’ordine alzare sempre di più l’asticella nel proprio percorso artistico, per fare di ogni passo una crescita. In un momento storico in cui qualcuno arriva a dire che gli album sono un formato superato, che ormai ha senso solo il singolo da piazzare in questa o quella playlist, lui torna al suo pubblico con un progetto che di album ne prevede addirittura tre.
“Terra è origini, radici. Le mie sono la mia famiglia, dove sono nato, e alle mie origini musicali fatte di blues, soul, gospel. E anche funky. Quando ascolto quella musica mi riporta al centro. L’ho sempre ascoltata sin da quando ero nella pancia di mia mamma”.
Un luogo che respira. Questo è lo studio-rifugio milanese di Marco Mengoni. Poche stanze ma tanta storia e tanta musica. Ed è lì, in quella zona che va tra la stazione di Porta Genova e piazza Napoli che è nato Materia (Terra), il primo album di una trilogia che non ha ancora una forma definitiva ma ha una linea di pensiero ben definita.
Chiudere il mondo fuori e immergersi nella musica non ha solo portato frutti dal punto di vista della scrittura, ma ha anche permesso al cantautore di regolare qualche conto con se stesso, trovando un equilibrio che qualche volta in passato era mancato.
“Ho avuto tempo di riflettere un sacco in questi due anni. Ho finalmente trovato il bicchiere mezzo pieno. E’ stato bello aver fatto un viaggio nei meandri della mia psiche, dei miei ricordi e dei miei errori. E non in treno o in aereo come era stato per ‘Atlantico’. Ho fatto un percorso di perdono di me stesso che spero mi possa portare a perdonare anche gli altri”.
Esaminiamo qualche brano, a partire da Il Meno Possibile, insieme a Gazzelle , uno dei due featuring dell’album, insieme a Mi Fiderò con Madame. Un brano dal sapore di un soul più europeo, britannico. Poi c’è Luce.
E’ energia, è vita. Dedicata alla mamma, come il disco in generale, che è dedicato a un rapporto madre-figlio. Marco si emoziona anche parlarne.
E’ bellissimo fare questo lavoro e avere trovato nella musica la soluzione a tante cose. La musica permette di togliere tanta sofferenza. Fare un disco è difficile e questo è durato due anni e mezzo. E’ difficile perché è un viaggio che emotivamente devi fare e inizialmente sei labile ma poi ti rincuori.
Non manca di certo un tema che a Marco sta molto a cuore, quello ambientale.
L’imprinting ambientale me l’ha dato nonno Sestilio che, emotivamente, è stato per me molto importante. L’amore e il rispetto per la natura me li ha insegnati lui, raccontandomi i segreti della rigenerazione del terreno, dell’influenza della luna crescente e di quella calante sulla semina degli ortaggi. Quando andavamo a cercare funghi dalle parti del lago di Vico camminando tra gli alberi mi diceva: ‘Tu parlaci ‘chè la pianta te capisce’. Quindi, quando nel disco dico di ritrovare un centro, parlo anche di lui
Nei brani in cui l’anima prende il sopravvento l’album decolla e Mengoni canta con passione. Cosa è oggi Proibito per Marco? La paura di concedersi. L’esempio più forte di un rapporto nella vita è quello dei suoi genitori, due persone diversissime che hanno costruito qualcosa di unico e invidiabile. In Proibito Marco augura di innamorarsi e andare oltre. L’amore deve essere libero e senza limitazioni: il nostro deve essere amore perché è proibito. In Mi fiderò c’è Madame. Ha una voce molto soul e poi c’è anche il tocco di Disco Purple Machine. E’ un brano alla Diana Ross, un funky dance più anni Ottanta, con una orchestra di 120 elementi. La frase è: la mia vita mi sorprende e mi riempie di domande…Mi fiderò senza tenere il fiato.
La dolorosa delicatezza di Un fiore contro il diluvio chiude il disco. Qui Marco racconta di quando capita di trovarsi in situazioni difficili da affrontare dove una persona non ha gli strumenti per supportare l’altro. Ma in un momento di difficoltà non per forza devi avere gli strumenti per supportare un altro. Se non li hai si fa anche peggio a causa del momento e dell’emotività.
Mi immagino un prato pieno di fiori che si sostengono
durante un acquazzone, qui racconto l’essere lasciati soli in un momento difficile, che è quello che non volevo. Un viaggio in un essere solitario che si sente abbandonato. Non è una colpa non avere gli strumenti per aiutare qualcuno che ti sta accanto, ma se fossimo meno soli sarebbe meglio.
Più ascoltiamo i brani e più è forte la sensazione del lavoro interiore.
Tutte hanno un po’ di elaborazione di un qualcosa. Prendiamo Un Fiore contro il diluvio che è il racconto di uno scontro con qualcosa che Marco stesso ha vissuto di recente, relazionato alla forte esperienza del lockdown, da cui siamo usciti tutti cambiati in qualche modo.
I momenti migliori di “Terra” sono proprio quelli in cui la produzione fa un passo indietro ed emerge la verità della musica. Come “Luce“, registrata in presa diretta in studio con una band di 15 elementi. Un brano caldo e tradizionale per raccontare il più tradizionale dei rapporti, quello tra madre e figlio.
“In questo periodo ho riflettuto tanto su ciò che significa relazione o rapporto. Questo pezzo lo sento molto vicino a quello che è la nascita. Lo dedico a mia madre”.
Non so se è bello o brutto, perfetto o imperfetto, ma è giusto. È quello che volevo.
Quest’estate, Mengoni sarà protagonista di due concerti eccezionali intitolati Marco negli stadi: il suo esordio in un stadio. Organizzati e prodotti da Live Nation, le due date sono il 19 giugno 2022 allo Stadio San Siro di Milano e il 22 giugno 2022 allo Stadio Olimpico di Roma.
Maria Celeste Bellotti per LiveMedia24