Che il defender, Team New Zealand parta da grande favorito per la conquista della 36ma America’s Cup, nessuno lo mette in discussione. Conoscere a menadito lo specchio d’acqua dove si disputeranno le regate, non è cosa da poco nella vela, a qualsiasi livello. Probabilmente proprio per questo motivo gli ingegneri del team Neozelandese con barca 2 battezzata come “Te Rehutai” (essenza dell’oceano in lingua Maori) ha stravolto il concept dello scafo rispetto a barca 1.
Il momento del varo di Te Rehutai barca 2 di Emirates Team New Zealand. (Credits: Emirates Team New Zealand)
A loro detta, “Te Rehutai” è una barca progettata, non solo per le acque de il golfo di Hauraki, ma “su misura” per le condizioni che in quella baia si riscontreranno nel mese di marzo, ovvero quando i “kiwi” scenderanno in acqua a difendere la Coppa America.
Rispetto a “Te Aihe” (il primo scafo varato dai neozelandesi) le differenze sono rilevanti; le fiancate a poppa sono molto più dritte, mentre a prua le stesse tendono ad abbassarsi, come già visto sullo scafo di Britannia 1 del team Inglese INEOS Team UK.
Anche per i neozelandesi, lo scafo non è totalmente piatto, anzi, tra le quattro imbarcazioni in gara, “Te Rehutai” è quella che presenta una chiglia più pronunciata.
Per quanto riguarda il sistema di foil, le differenze rispetto alle altre imbarcazioni si vedono già dalle braccia. Se queste strutturalmente sono per regolamento identiche alle altre barche, il team di progettisti ha lavorato sul loro rivestimento. Questo appare più bombato rispetto a quanto visto nei challengers; la scelta secondo “mezze verità” uscite dagli hangar di Auckland sarebbe motivata dalla necessità di proteggere il complesso sistema di movimentazione della parte immersa del foil.
Sostanziose differenze si possono percepire anche nella forma dell’appendice del foil stesso; essa è completamente piatta, a differenza delle altre barche, dove è più o angolata. Praticamente assente anche il “siluro” tra le due ali del foil; al contrario invece di quanto visto su Luna Rossa (vedi qui) e The Patriot, in Te Rehutai solo verso prua c’è un’abbozzo, che termina però in corrispondenza delle due appendici laterali.
Te Rehutai di Emirates Team New Zealand durante l’America’s Cup World Series; in questa foto notate le ali del foil completamente piatte. (Credits: Emirates Team New Zealand)
Il corridoio di coperta, dove è alloggiato l’equipaggio è molto profondo e stretto, grinders e trimmeristi emergono dal profilo di questo, con il solo casco durante la fase di crociera. Durante le manovre, invece, una volta chini sui verricelli, questi sono totalmente sottocoperta con concreti vantaggi per l’aereodinamicità.
L’equipaggio di Te Rehutai durante le fasi di manovra non emerge di fatto dai corridoi di coperta. (Credits: Emirates Team New Zealand)
In soldoni, i neozelandesi, con barca 2 hanno puntato tutto sulla velocità, una barca davvero “estrema” in questo senso; forse hanno “osato” pure troppo; ma quanto visto durante l’America’s Cup World Series sembra dargli ragione.
Se durante le prove, molte sono state le “scuffiate”, alcune riprese in extremis, altrettanto non si può dire che questo sia avvenuto in gara; barca velocissima e stabile che anche nei confronti di Luna Rossa è stata capace di recuperare agevolmente il gap accumulato durante il match race . Contando che i “kiwi” avranno un’altro mese per amalgamarsi e accrescere il feehling con Te Rehutai doveroso assegnargli il ruolo di favoriti per la conquista della 36ma America’s Cup.
Links alla pagina ufficiale di Emirates Team New Zealand.
Roberto Tommasini per LiveMedia24