Diva Futura, la recensione del film

Diva futura è il film di Giulia Steigerwalt sull’omonima agenzia creata da Riccardo Schicchi e le sue pornostar.

Diva futura, la recensione del film su Riccardo Schicchi.

Il film è ambientato nell’Italia degli anni ’80 e ’90 e racconta la storia di Riccardo Schicchi e della sua Diva Futura, agenzia di casting e produzione pornografica fondata nel 1983.

Nata dai desideri di Riccardo Schicchi e Ilona Staller, diventata poi Cicciolina, la storia del famoso gruppo formato anche da Moana Pozzi e Eva Henger è al cinema dal 6 febbraio.
Riccardo Schicchi, con la sua agenzia Diva Futura, rivoluziona la cultura di massa trasformando il porno. Sotto la sua guida, Ilona Staller, Moana Pozzi, Eva Henger e molte altre diventano all’improvviso dive di fama mondiale nel mondo del porno ed entrano nelle case degli italiani grazie al boom delle televisioni private e dei videoregistratori in VHS.

Viene coniata l’espressione “pornostar”, segnando l’inizio di una nuova era. L’impatto mediatico è travolgente fino a portare all’elezione in Parlamento di Ilona Staller, detta “Cicciolina”, alla nascita del Partito dell’Amore e alla candidatura di Moana Pozzi a sindaco di Roma.


Il racconto parte con toni pop e ironici, ma piano piano si avvita in una vertigine di amarezza e solitudine, mostrando tutte le contraddizioni e miserie di un mondo che non offre felicità o salvezza, ma solo fugace fama e tanta degradazione. È attraverso lo sguardo di Debora, giovane segretaria dell’agenzia con un mutuo sulle spalle, che viene raccontata l’avventura di questa grande “famiglia”, fino a perdere il controllo sull’industria stessa della pornografia.


Il film è diretto da Giulia Louise Steigerwalt e interpretato da Pietro Castellitto (Riccardo Schicchi), Barbara Ronchi (la segretaria Debora), Denise Capezza (Moana Pozzi), Tesa Litvan (Éva Henger) e Lidija Kordic (Ilona Staller, Cicciolina), Davide Iachini, Marco Iermanò.


Presentato in Concorso alla 81ª Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, è prodotto da Matteo Rovere, è una produzione Groenlandia e PiperFilm con Rai Cinema in collaborazione con Netflix.

Il film è scritto da Giulia Louise Steigerwalt ma la sceneggiatura prendendo spunto dal romanzo Non dite alla mamma che faccio la segretaria di Debora Attanasio, che per dieci anni lavorò al fianco di Schicchi & Co. entrando in un mondo lontano dai suoi piani. Lei che voleva fare la giornalista e si ritrovò invece a dover pagare un mutuo decidendo di buttarsi in un’avventura inattesa e anti-convenzionale.


Nel ruolo di Debora c’è Barbara Ronchi, che con Steigerwalt ha già lavorato in Settembre (2022), esordio della regista, che ha portato fortuna a entrambe: per quel film sono infatti state premiate con i David di Donatello alla miglior regista esordiente e alla migliore attrice protagonista.

La fotografia è a cura di Vladan Radovic, il montaggio di Gianni Vezzosi, la scenografia di Cristina Del Zotto, le musiche originali di Michele Braga, i costumi di Andrea Cavalletto, il trucco di Alessandra Vita, le acconciature di Donatella Borghesi, il casting di Sara Casani.

Nel film emerge come Schicchi avesse un’idea romantica della pornografia: per lui la bellezza femminile doveva essere esaltata, avvolgendola anche con un velo di mistero. Pensava di fare arte, a suo modo: nei suoi film c’era una cura della storia e del finale. C’era un approccio artistico anche dal punto di vista tecnico e delle riprese.

Riccardo Schicchi metteva al centro il piacere e la bellezza della donna. Era un anticonformista e andava contro le regole. Schicchi era inoltre un animalista e un ecologista: fondò il primo partito a favore dell’ambiente, Il partito del sole, che però non ha avuto fortuna.

Per lui le donne erano viste come qualcosa di meraviglioso, irraggiungibile. E queste donne, attraverso il proprio piacere e la propria indipendenza economica, lo erano davvero. Le attrici del porno erano desiderate, invitate, volute dalla società, facevano parte del quotidiano degli italiani. Erano ospiti frequenti delle trasmissioni di Biagi, Costanzo, Baudo, Jerry Scotti o Fazio, con il quale Moana aveva uno show.


L’impatto mediatico fu travolgente, tanto da portare all’elezione in Parlamento di Ilona Staller, nota come “Cicciolina”.


Ma fu la storia anche di una grande illusione e contraddizione: quella di diventare delle dive salvo poi essere stigmatizzate e rifiutate proprio da quella società che le aveva bramate e rese famose. Non è stato loro permesso di cambiare, proporsi con altri ruoli.

Come Moana che voleva diventare un’attrice “normale” o si candidò a Sindaco di Roma. Sono la prova che quando entri nel porno non puoi tornare indietro. La società non te lo permette. Devi restare per sempre l’oggetto del desiderio maschile.

Il film trasforma il re del porno Riccardo Schicchi in un folle sognatore, una figura insolita e pittoresca. La storia mette in evidenza una sorta di politica-etica intrapresa dall’agenzia e che Riccardo Schicchi ha perseguito per tutta la sua esistenza: non creare un porno che mortificasse, che umiliasse, che sfruttasse le donne, bensì che facesse da riflettore per l’esaltazione della loro bellezza, della loro grandezza, della meraviglia che ognuna rappresenta. Inoltre mette in luce come l’industria della pornografia si sia trasformata oggi, con alcune formule ancora simili agli anni Ottanta, ma altre completamente stravolte, fino a mostrarne le più gravi conseguenze.

Sara Esposito per LiveMedia24

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