
Le assaggiatrici
Approda nelle sale italiane il nuovo film di uno dei registi più eclettici del cinema italiano: Silvio Soldini, l’autore del divertente Pane e tulipani e del raffinato Brucio nel Vento.
Il suo nuovo lungometraggio è tratto dal premiato bestseller di Rosella Postorino Le assaggiatrici (Premio Campiello 2018), a sua volta ispirato dalla incredibile rivelazione di Margot Wölk che, poco prima di morire (2014), all’età di 96 anni, dichiarò di essere stata una delle 15 donne costrette ad assaggiare il cibo di Hitler nella Tana del Lupo, costruita nella foresta di Ketrzyn.
Il film di Silvio Soldini, nelle sale dal 27 marzo e con un buon riscontro di pubblico, è molto fedele al romanzo di Rosella Postorino. Infatti, la sceneggiatura scritta a più mani da Doriana Leondeff, Silvio Soldini, Lucio Ricca, Cristina Comencini, Giulia Calenda e Ilaria Macchia, si discosta solo per alcuni tratti all’inizio ed alla fine dall’opera narrativa da cui è tratta, ma non si allontana dalla struttura complessiva.
Il personaggio fondamentale de Le assaggiatrici è la giovane Rosa (Elisa Schlott) in fuga da Berlino nel ’43 distrutta dai bombardamenti, in un lungo e massacrante viaggio che termina nella casa dei suoceri in Prussia Orientale, nell’ umile dimora dove visse il marito, ora soldato nella campagna di Russia. Quel luogo ritenuto sicuro diventa invece per la giovane donna una prigione di terrore. Rosa, infatti, qualche giorno dopo, viene prelevata dai soldati nazisti, assieme ad altre 6 donne, per essere portata nella vicina Tana del Lupo. Diventa, con le altre giovani e sane donne tedesche, una assaggiatrice del cibo di Hitler.
Vittime e carnefici
Rosa e le altre compagne vivono un’ incredibile esperienza. Ogni giorno devono cibarsi di piatti vegetariani raffinati e gustosi, preziosi in un periodo in cui la popolazione tedesca dispone di pochissime derrate alimentari. Eppure quelle prelibatezze rappresentano per Le assaggiatrici un continuo pericolo di morte. Quel cibo può essere avvelenato. Le donne devono consumare tutto quello che viene loro servito e non si possono alzare dal tavolo prima di un’ora. Tanto serve per capire se il possibile veleno è stato ingerito. Nel chiuso della caserma i 7 personaggi femminili familiarizzano, entrano in competizione tra di loro ma creano anche rapporti di amicizia e solidarietà. Sono vittime di un sistema totalitario disumanizzante eppure, facendo da scudo con i loro corpi a possibili avvelenamenti, contribuiscono a preservare la salute del Führer e quindi divengono a loro volta complici di un sistema perverso.
Questa ambiguità si estende più che mai al ruolo del tenente Albert Ziegler (Max Riemelt), l’inflessibile ufficiale comandante della caserma. Lo spietato SS, assuefatto dall’orrore della guerra e dell’olocausto, ha anche dei momenti di debolezza, di amore. Perché come afferma Soldini: “Anche i mostri sono uomini”. Albert cerca di sfuggire all’insensatezza della sua missione militare concedendosi passione ed amore con la bella Rosa. Rosa ricambierà le sue attenzioni: nel fienile della casa dei suoceri, i due si ameranno con coinvolgimento, abbandonandosi ad una relazione “proibita” che rappresenta uno spazio di sospensione al buio dell’orrore in cui entrambi si trovano, pur in posizioni e ruoli opposti.

Piani fissi e colori denaturati
Silvio Soldini realizza Le assaggiatrici in Alto Adige, dopo un tentativo di ambientazione in Polonia, reso vano dal Covid. Per problemi di produzione sceglie alcuni ambienti montani italiani ma coinvolge 7 attrici tedesche che recitano rigorosamente in lingua madre. Il film inizia con un lungo primo piano di Rosa, distrutta dal viaggio. La telecamera prima di arrivare sul viso inquadra le mani di Rosa che aprono il cancelletto di campagna e subito dopo le mani di Herta (Ester Gemsch), la madre del marito, che lavorano la terra. Più volte nel film, la telecamera affida ai visi l’espressione del terrore, dello strazio e dell’angoscia. E più volte saranno inquadrate mani che si toccano o si cercano. Interessanti le sequenze relative ai pasti delle assaggiatrici che sono il risultato del montaggio di piani fissi. Soldini precisa di avere utilizzato due telecamere immobili per riprendere l’ingresso nella stanza delle attrici e poi il loro pranzo. Con la direzione alla fotografia di Renato Berto ha avvolto le riprese in un contrasto di luci fredde e calde in una sorta di fotografia denaturata.
Con Elisa Schlott (Rosa) e le altre attrici, il regista ha creato i personaggi a partire dalla lettura del romanzo, per dare alla realizzazione del film tutte le suggestioni che non sono contenute nella sola sceneggiatura, per esprimere anche ciò che poco traspare o non viene detto nei dialoghi, affidandolo all’intensità dei visi.

Registro lieve
Con il tocco lieve che contraddistingue Soldini, il film aggiunge un nuovo tassello all’epoca in cui il nazismo sfida il mondo con una insensata guerra. Ma il regista di Brucio nel vento, vuole solo sfiorare la guerra, per concentrarsi sul microcosmo femminile delle assaggiatrici, ognuna con il proprio vissuto difficile e non meno pericoloso degli uomini al fronte o dispersi in Russia. La delicatezza del tocco registico conferisce dolcezza al film che non affonda nella disperata drammaticità degli eventi narrati e pone non pochi interrogativi sulle contraddizioni o la complessità dei personaggi.
Il trailer italiano del film
Emma Borella per http://LiveMedia24.com
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