Incontriamo Roberto Chevalier, “la voce” del doppiaggio italiano
LiveMedia24 ha l’onore e il piacere di incontrare Roberto Chevalier, “la voce” del doppiaggio italiano. Tom Cruise, Kurt Russell, Tom Hanks, Dennis Quaid, John Travolta, sono solo alcuni dei nomi a cui Roberto ha prestato la sua bellissima voce. Ha mosso i primi passi nel mondo dello spettacolo da bambino, alla tenera età di cinque anni e da allora non si è più fermato. La sua carriera è in continuo divenire, ricca di esperienze, di dovuti riconoscimenti. Ha saputo regalarci emozioni intense ed anche grandi interpretazioni. Strelher ha guidato la sua strada, i suoi passi sul palcoscenico, l’inizio del suo cammino. Siamo lieti di lasciarvi alle sue parole, ad alcuni ricordi..
Roberto Chevalier in sala di doppiaggio
Grazie per essere con noi, Roberto. Come stai? Come affronti il periodo legato all’emergenza sanitaria ancora in corso?
Come tutti gli altri. Sto a casa, seguo le regole e cerco di fare il più possibile attenzione. Il lavoro purtroppo è diminuito, arriva sempre meno materiale dall’estero. Si prova quindi ad ingannare il tempo come meglio si può. Di certo, questa situazione lascerà un brutto strascico per anni e chissà quando avremo realmente modo di uscirne. Ci sono lavoratori dello spettacolo che stanno patendo la fame, specie i giovani.
La voce di un personaggio è fondamentale affinché si possa decretare il successo di un determinato lavoro cinematografico. Con molti di essi (Tom Cruise, Tom Hanks, Kurt Russell ecc) sei riuscito a centrarne l’anima, ogni piccola sfumatura..
La caratteristica di un doppiatore è quella di essere uno, nessuno e centomila. Bisogna essere un camaleonte, capace di incunearsi nelle pieghe dell’animo dell’attore che si va a doppiare, diventare lui, essere una spugna e riuscire a restituire quello di cui ci si è impregnati. Quando si realizza questa magica armonia, questo magico connubio, la voce sembra uscire da quel corpo ed è in grado di restituirci quell’emozione. Se così non fosse, si scoprirebbe il trucco, ossia che è la voce di un altro (ride).
Quando hai realizzato che la tua voce era adatta al cinema?
Il mio percorso ha inizio da bambino, all’età di cinque anni. Ho cominciato con il cinema, per poi passare alla televisione e poi, come tutt’oggi accade, registi ed attori si passano la voce, si comincia a notare che quel bambino è bravo e si lavora sempre più. Si è trattato di un progressivo adeguamento alle diverse “specializzazioni” di questa professione: cinema, teatro, doppiaggio, radio, pubblicità, teatro.
Recentemente sei tornato a prestare la voce a Tom Hanks..
Sono corsi e ricorsi della storia. Capita che i clienti preferiscano un cambio voce, dimenticando che, per anni, sei stato tu a doppiare quel determinato attore. Non so spiegarmi come mai accada ciò. Le ragioni potrebbero essere legate a delle scelte dettate dall’azienda oppure semplice questione di gusto. Dal mio punto di vista, queste scelte dovrebbero essere dettate soltanto dal rispetto verso il pubblico. Certamente, per quanto mi riguarda, tornare a doppiare un attore a cui ho prestato per anni la voce, mi rende nuovamente piacere.
Qual’è per te l’esperienza lavorativa più soddisfacente da quando hai intrapreso questo mestiere?
Sicuramente quella legata ai Nastri d’Argento. È il caso di Eric Bogosian con “Talk Radio” e Tom Cruise per “Magnolia”. Nell’arco della mia carriera ho vinto altri premi, che mi hanno gratificato, tra cui il festival “Voci nell’ombra” come miglior voce maschile per aver doppiato Philip Seymour Hoffman in “Truman Capote – A sangue Freddo”. Tre interpretazioni, per tre personaggi totalmente distanti da quelli che avevo precedentemente interpretato. Erano delle prove attoriali notevoli e delle sfide importanti da vincere.
Roberto Chevalier e Tom Cruise
Recentemente hai anche vinto il premio, “Voci nell’ombra”..
Si, per un audio drama prodotto dalla Radio Svizzera Italiana, attualmente una delle poche realtà produttive a dare la possibilità al pubblico di godere di queste produzioni. La Rai, un tempo, ne realizzava a decine ma, ha poi preferito abbandonare il settore. La Svizzera, invece, continua ad occuparsene e con ritmi molto serrati, atti a contenerne i costi. Bisogna stare al passo con i tempi. Si tratta di un’esperienza molto gratificante per noi attori, perché porta il pubblico a dover immaginare ciò che stiamo raccontando, portandoli così ad immaginare una location, una determinata scena, in piena libertà, grazie alla nostra semplice recitazione.
La pandemia ha apportato problematiche in ogni ambito. Quanto ha gravato nell’ambito del doppiaggio?
Siamo stati fermi per troppo tempo e con altrettanta lentezza abbiamo ripreso, osservando protocolli di sicurezza molto stringenti. Il materiale è davvero poco, riduttivo. Film come “Top Gun 2” e “Mission Impossible 7” sono fermi, ma non sono gli unici. Diviene impossibile farli uscire, se non in contemporanea in tutto il mondo, per assicurare così il giusto incasso, evitando la pirateria. “Top Gun 2”, ad esempio, dovrebbe uscire nelle sale a luglio, per 45 giorni circa, per poi riversarsi sul canale Paramount. Personalmente penso che un film del genere vada visto esclusivamente al cinema in modo da poterne godere in pieno tutte le caratteristiche.
Nella tua carriera, come dicevamo, vi è anche la recitazione. Quali sono le differenze che caratterizzano questi due ambiti?
La differenza è davvero fondamentale. Quando fai l’attore il personaggio lo crei tu, diversamente da quando sei al doppiaggio. In tal caso il personaggio è già stato creato, devi semplicemente replicarlo nei modi che l’attore ha scelto, con le giuste tempistiche, la stessa emotività che traspare dallo schermo. Lavoro da quando ho cinque anni. Cruciale per me fu l’incontro con Strelher. Voleva diventassi il suo primo attore giovane fisso al Piccolo di Milano e, a dire il vero, era proprio quella la carriera che desideravo. La vita mi ha però posto dinanzi ad un bivio. Ero in tournée quando venni a sapere della malattia di mio padre. Tornai in Italia, riuscì a vederlo, ma purtroppo venne a mancare mentre mi trovavo in scena. Successivamente fu mia madre ad ammalarsi.
Cosa accadde in seguito?
In quel periodo avrei dovuto trasferirmi a Milano, per ottemperare alla richiesta di Strelher. Scelsi la famiglia, gli affetti più cari, decidendo di non partire. Restai a Roma e mi dedicai al teatro e al doppiaggio, da sempre elemento portante della mia carriera. Quella vita legata al teatro, alle lunghe ore di doppiaggio in sala, divenne di lì a poco pesante, stancante. Decisi così di dedicarmi unicamente al doppiaggio. Questo spiega perché divenne la parte predominante della mia carriera. Il mio obiettivo, comunque sia, era soltanto uno: diventare un numero uno, qualunque fosse il settore da me scelto.
A quale altro artista, oltre Cruise, Tom Hanks, Andy García, Dennis Quaid, John Travolta e Kurt Russell, avresti voluto prestare la voce?
Non sono solito puntare a quello che non ho. Piuttosto, mi allettano molto le sfide, specie se nuove. L’America, paese meraviglioso, racchiude in sé tanti talenti nascosti ed io attendo al varco, pronto a conoscere un nuovo volto a cui prestare la mia voce.
Sappiamo che insegni doppiaggio, da molti anni. Ti andrebbe di raccontarci di questa avventura?
Erano in molti, specie tra i colleghi, ad incitarmi a realizzare dei veri e propri corsi di doppiaggio. Devo dire che i risultati per me sono stati lusinghieri perché, passare il testimone di come si faccia davvero doppiaggio, è gratificante. Non è facile realizzare una giusta replica di un’interpretazione, se non hai una preparazione alle spalle e non segui fedelmente ciò che l’attore propone sullo schermo. Mi sono appassionato anche a questo, felice di poter tramandare ciò che a me fu insegnato, adeguando il tutto all’avanzare dei tempi. Come diceva Strelher: “esiste un solo modo per dire una battuta: bene!”.
Un primo piano di Roberto Chevalier
Quali sono i tuoi hobby quando non sei a lavoro?
Ho un casale in campagna, caratterizzato da un ambiente molto grande, dove posso azionare con libertà i miei trenini. Adoro la musica, leggere, fare delle lunghe passeggiate ma, il fermodellismo e la subacquea sono le mie più grandi passioni.
Guardiamo al futuro. Progetti in cantiere ?
Oltre l’uscita di “Top Gun 2” e “Mission Impossible 7”, ci sono altri progetti in ballo ma sono ancora allo stato embrionale. Dovrebbe uscire, a breve, un film che ho diretto con Johnny Depp, “Minamata”, basato su una tragedia ambientata in Giappone. Prossimamente dovrò dirigere una cosa molto bella per Canale 5. Le cose in pentola sono tante, l’importante è riuscire a farle bollire e, affinché possa accadere, bisogna spegnere il fuoco del virus e accendere il gas normale.
Ringraziamo Roberto Chevalier della disponibilità.
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