Celso Valli ci presenta il suo album “Sette canzoni al piano”

Dopo aver lavorato in centinaia di dischi, finalmente per Celso Valli un album tutto suo con "Sette canzoni al piano"

Semplicemente è andata così. Senza un motivo preciso, ma con un forte desiderio di rappresentare quel genere, quello stile, quel mondo amato da sempre. Dopo aver lavorato in centinaia di dischi, ha aspettato fino a settantadue anni per incidere un album tutto suo. Musicista, arrangiatore e produttore tra i più noti e stimati nel panorama italiano, Celso Valli dà alla luce Sette canzoni al piano

La musica rompe gli argini e il progetto evolve, aprendosi con passione al mondo dell’arte in un’ottica globale. L’evocazione sonora diventa il filo teso tra colore e materia, forma e movimento. È chiaro da subito che le sonorità delineano fisionomie, tracciano segni netti o tratti morbidi, fanno percepire profondità e materie, alternano ombre e luci. Celso dipinge con le note. La sua musica emoziona e sembra scritta appositamente per accompagnare la creatività.

Su questo presupposto nasce la collaborazione con il Comune di Bologna: Settore musei civici Bologna e Settore cultura e creatività. Uno spazio speciale, inoltre, occupa il binomio musica-immagine e si concretizza anche grazie alla Cineteca di Bologna che concede uno scatto tratto dall’Archivio Nino Comaschi. Il risultato è un cd prodotto da Celso Valli in collaborazione con Luca Bignardi. Un’esclusiva LaMerE a cura di Maria Marinoni e Guido Dall’Oglio. Distribuzione Saar Records, Pirames International. Edizioni Impatto, Lungomare.

Sette inediti per pianoforte e orchestra, scritti in forma canzone.

«Il primo a restare sorpreso da un disco così sono proprio io. Faccio da sempre un altro lavoro nel quale il mio strumento di riferimento è l’orchestra con gli arrangiamenti, ma ho scoperto il pianoforte. Così, per caso. Era l’1 gennaio, con un’atmosfera un po’ surreale: tutti, stanchi, si lasciavano alle spalle i bagordi della notte appena trascorsa. Quando arriva inaspettatamente il primo brano dei sette, che ha un sapore come di sospensione. Mi è piaciuto e sono andato avanti.»

Dalla scintilla della prima idea fino all’opera completa. Un percorso magico, tortuoso, ignoto, ma trasversalmente metodico. Un articolato processo creativo nel quale il momento più esaltante è quando, da due, tre note, si capisce che quello può diventare un pezzo.

«Ho avvertito l’esigenza di scrivere qualcosa, rifacendomi alla musica che amo da quando andavo al Conservatorio da ragazzo. Mi riferisco all’impressionismo di Debussy, Ravel, Erik Satie. La gente non lo sa, ma le loro musiche sembrano pezzi di oggi. Erik Satie firma un brano usato anche nella pubblicità, che è famoso quanto “Volare”, per fare un esempio. Quel momento classico, secondo me, è l’inizio della musica leggera. Poi negli anni mi sono appassionato anche al jazz. La somma di tutte queste esperienze l’ho messa disordinatamente, a istinto, in questo disco.»

La raccolta cristallizza momenti e sentimenti autobiografici e, non per caso, i brani che la compongono sono sette, proprio come il numero che caratterizza i passaggi più fortunati della vita dell’artista.

«Sette è il numero che mi porta fortuna ed è un numero di simbolico. “I magnifici sette”, ad esempio, è il film più bello della mia vita, l’avrò visto un milione di volte. “Sette uomini d’oro” è un’altra pellicola che è rimasta indelebile nella mia memoria, grazie anche alle straordinarie musiche di Armando Trovajoli. L’ultimo brano fra l’altro si intitola “Il settimo piano”. Non volevo mettere troppi pezzi e con meno non sarebbe stato un album. Sette mi è sembrato il numero giusto, perfetto.»

Una carriera costellata di collaborazioni preziose e di incontri che cambiano la vita.

«Uno di quelli più curiosi fu con Mina. Poi, una volta diventati amici di famiglia, con lei e soprattutto con il figlio Massimiliano, feci una scoperta sorprendente: quando a Mina interessa qualcosa, chiama personalmente, non delega. E gli altri ci rimangono di sasso. Così com’è successo a me la prima volta che mi telefonò per propormi di arrangiare un suo pezzo. Il caso volle che quel brano fosse “Anche un uomo”, diventato in seguito un grandissimo successo. Era il 1979.»

I Settanta, all’epoca esordiva come tastierista del gruppo di rock progressivo Ping Pong.

«Sono gli unici con cui ho lavorato dal vivo, miei amici tuttora. Negli anni Settanta suonavo nelle band perché c’era un bel giro. È un momento della vita che ricordo con grande affetto e amore. Nel centro di Bologna, solo nella strada dove si trova oggi il mio studio, in tre posti c’erano tre orchestre diverse.»

Per anni la spola tra Milano e Bologna. Poi arrivano dischi d’oro e di platino, un Latin Grammy Award e il Leone d’Oro alla carriera nel 2006. Ma non basta.

«Vorrei mi venisse riconosciuta l’onestà intellettuale. Nei confronti di me stesso e degli altri, anche dal punto di vista artistico. Ho sempre fatto il massimo che potevo e che ritenevo giusto, agendo comunque in buonafede.»

Musicista, arrangiatore e produttore discografico di successo, Celso Valli pecca ancora di perfezionismo e si reputa un uomo felice.

«Davanti allo specchio vedo una persona con pochi sensi di colpa e pochi rimpianti. Ho sempre fatto quello che mi sentivo, e l’ho fatto onestamente.»

La musica è la sua vita. L’ha sempre respirata in casa. Non ha mai pensato di fare nient’altro che il musicista.

«All’epoca, ero iscritto al liceo classico e ricordo nitidamente quella famosa mattina – frequentavo ancora il ginnasio – quando mia madre mi disse “dai, alzati, devi andare a scuola” e io di rimando “a scuola non ci vado, voglio fare il musicista” girandomi dall’altra parte per continuare a dormire. Dormii come un papa fino a mezzogiorno, quando mio padre, che era di ritorno dal conservatorio, mi aveva già iscritto. Quella mattina lì avevo deciso, mi addormentai studente ginnasiale e mi svegliai musicista.»

Gino Morabito per LiveMedia24

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