Frankie hi-nrg mc, potere alla parola
A distanza di trent'anni dal suo esordio discografico Frankie Hi-Nrg MC, una delle più importanti figure dell'hip hop italiano si racconta a LiveMedia24.
Con l’uscita del primo singolo, l’Italia ha assistito alla nascita di una delle più importanti figure dell’hip hop nazionale. È il 1992. La denuncia ai soprusi dei potenti, alla criminalità, alla corruzione e alle ingiustizie, ma soprattutto l’incitamento a risollevarsi e a non farsi più soggiogare, nel tempo hanno delineato il profilo umano e artistico del torinese Francesco Di Gesù.
A trent’anni dall’esordio discografico, il racconto inedito di Frankie hi-nrg mc. Autore, compositore, giornalista, iphoneographer, video maker, il rapper di Fight da faida a tutto campo.
Potere alle parole, sempre.
«Nonostante è una delle parole che descrive meglio il mio percorso artistico poiché, nonostante tutto, cerco di andare controcorrente. Non perché il mio obiettivo sia individuare la corrente e scegliere la direzione opposta, quanto piuttosto perché le direzioni in cui mi voglio spostare sono – guardacaso – normalmente contrarie rispetto a quelle dello spostarsi comune.»
Nonostante, controcorrente.
«A quelle aggiungo anche forbito perché la ricerca delle parole e la scelta dei vocaboli, avendone così tanti e così belli a disposizione, è indispensabile. Più riesci a essere specifico, meno difficoltà di comprensione ci saranno.»
Un “nerd” che andava a documentarsi per ogni minimo dato espresso nelle sue canzoni.
«Mentre scrivevo “Quelli che benpensano”, andai a verificare che il numero delle parabole nel Vangelo di San Marco fosse effettivamente superiore rispetto a quello raggiunto dagli altri evangelisti. Mi sentivo di dover giustificare ogni singola strofa, perché avesse un significato esatto. Col tempo la gente veniva a dirmi che, inevitabilmente, in quella determinata strofa aveva visto qualcosa di diverso da quello che ci vedevo io. In questo ultimo periodo ho maturato la convinzione che si è migliori autori se si lascia all’ascoltatore la barra del timone del senso.»
Dalla Storia di molti a L’ovvio, sono cambiati in venticinque anni quelli che benpensano.
«Sono cambiati in peggio. Come succede nell’arte che tende ad esasperare la situazione per poterla rendere più evidente agli occhi del pubblico, anch’io ho esagerato la visione di quella che era la società, ma col passare del tempo la situazione è peggiorata. La realtà ha superato la finzione.»
In un mondo di furbi non basta essere furbetti, bisogna essere anche bravi.
«Se sei furbetto e non sei bravo, ti scoprono subito. La stragrande maggioranza fanno i furbetti, ma non lo sono. Si tratta di ladruncoli di polli che si fingono Arsenio Lupin e soprattutto di un esercizio mediocre dell’arroganza. Fanno un gioco senza leggere le istruzioni.»
Talvolta capita di “usare le spranghe”.
«Capita a tutti di “usare le spranghe” perché, per vari motivi, si arriva alla saturazione, all’esasperazione, a non volerne più sapere. Tuttavia, per quanto possa essere difficoltosa la relazione con qualcuno, è sempre ugualmente utile imparare come gira il mondo.»
La musica come terapia per centrarsi.
«La scrittura mi ha aiutato e mi aiuta a trovare un centro. Nel momento in cui tutto sembra sovvertirsi, il centro del mondo sei tu. Se chiudi gli occhi, il mondo si ferma.»
Essere umani e terrestri digitali, due modi diversi di interpretare la vita.
«Il pensiero, i sentimenti non possono essere digitali. Un uomo è vivo nel momento in cui costruisce una rete di relazioni intorno a sé e la coltiva, la frequenta, la fertilizza con la propria sincerità e la propria capacità empatica. Se mutua l’altrui pensiero, facendolo proprio ma senza metabolizzarlo; se non ha relazioni sociali, nel senso reale del termine… allora biologicamente potrà anche essere vivo, ma il suo contributo risulterà accessorio. Sarà carne da like, farà numero nella statistica.»
Il romanticismo ai tempi dell’analogico.
«Nei vecchi mezzi c’è una poesia che forse aggiungiamo noi, perché siamo vecchi a nostra volta. Il fatto, ad esempio, che l’arrivo dell’ultimo disco dei Public Enemy mi sia stato notificato da Chuck D direttamente sul telefono e che io abbia potuto ascoltarlo subito premendo un pulsante, mi sembra una conquista straordinaria. E stiamo parlando già di due anni fa… Quando da ragazzino immaginavo il 2000, pensavo a cose come questa, non alle macchine volanti.»
Gino Morabito per LiveMedia24
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