Se il destino avesse voluto diversamente, il 18 gennaio 2021 Gilles Villeneuve avrebbe compiuto 71 anni. Il pilota franco-canadese ha gareggiato solamente in sei stagioni in Formula 1 conquistando solamente sei vittorie, eppure il suo stile di guida sempre al limite e la sua voglia di non arrendersi mai, sono rimasti impressi nella memoria dei tifosi, che ad oggi ancora lo ricordano ed esaltano le sue performance.
Giro 4 del Gran Premio di Gran Bretagna 1981 a Silverstone.
Villeneuve affronta la Woodcote con cattiveria, forse troppa. La sua Ferrari si gira nella via di fuga portandosi dietro la Williams di Jones e l’Alfa Romeo di De Cesaris che non erano stati in grado di evitare la 126CK impazzita del canadese. Tutti e tre si ritirano e la colpa fu di Villeneuve.
Il Gran Premio lo stava seguendo in TV anche Enzo Ferrari a Maranello che era solito richiamare i suoi piloti quando commettevano degli errori che compromettevano l’esito della gara. Stavolta no, il Drake si volta verso Harvey Postlethwaite, il progettista della Ferrari e disse: “Troppo stretta questa chicane”.
Tale era la clemenza e l’affetto che Enzo Ferrari, e i tifosi, offrivano a Gilles Villeneuve. Sono passati quasi 40 anni da quando Villeneuve ha perso la vita in una giornata grigia a Zolder, in Belgio. Eppure, nonostante le sue statistiche piuttosto scarse; con solo due pole position che si uniscono alle sei vittorie in 67 Gran Premi, il nome e la leggenda di Villeneuve continuano a riecheggiare nel corso degli anni.
Paterno, cordiale, tenero, empatico tutte parole che singolarmente non riescono a descrivere i rapporti abituali di Enzo Ferrari con i suoi piloti. Si dice che quando scoprì che Eugenio Castellotti, nel suo incidente mortale durante i test a Modena nel 1957 con la Lancia-Ferrari, la prima domanda di Enzo Ferrari era stata: “E la macchina? Come va la macchina?”
Villeneuve, tuttavia, era uno di quei pochi piloti molto selezionati che riuscirono a guadagnarsi sia il rispetto, sia l’amore, del signor Ferrari. Il Drake era stato team manager per il grande Tazio Nuvolari all’Alfa Romeo negli anni ’30, e vedeva chiari parallelismi tra Villeneuve e il pilota mantovano, entrambi uomini che guidavano con un’aria quasi posseduta, come se fossero posseduti da qualcosa di ultraterreno che permetteva loro di trascendere le prestazioni dei loro mezzi spesso inferiori.
L’affetto di Ferrari per Villeneuve non è certo nato nemmeno dalla deferenza del suo pilota; con Harvey Postlethwaite che ricorda il franco-canadese che dice al Commendatore:“Guiderò la macchina tutto il giorno, la farò girare, la metterò nella recinzione, farò quello che vuoi. La guiderò perché questo è il mio lavoro, e mi piace farlo. Ti sto solo dicendo che non saremo competitivi”. Secondo Postlethwaite, il vecchio lo amava per questo.
Non c’è da stupirsi, quindi, che Enzo Ferrari sia stato così scosso quando Villeneuve ha perso la vita a Zolder, scrivendo uno straordinario omaggio che ha messo Villeneuve sullo stesso piedistallo del suo amato defunto figlio Dino: “La sua morte ci ha privato di un grande campione uno che amavo molto. Il mio passato è segnato dal dolore; genitori, fratello, figlio. La mia vita è piena di ricordi tristi. Mi guardo indietro e vedo i volti dei miei cari, e tra loro vedo Gilles Villeneuve.” Non è stato l’unico pensiero dolce del Commendatore. Nel libro “…Piloti che gente” il capitolo riservato a Villeneuve si conclude con: “È stato campione di combattività e ha regalato, ha aggiunto tanta notorietà alla Ferrari. Io gli volevo bene.”
Mentre tutto il raccolto odierno di piloti di F1 ha imparato il loro mestiere sulla pista di kart, Gilles Villeneuve ha imparato sulle sue motoslitte da corsa in Quebec, dove la disciplina richiede un gran controllo del mezzo, che deve essere messo di traverso ad ogni curva e dove il pilota deve “giocare” con l’acceleratore per mantener il controllo. E la tecnica di Gilles sulle motoslitte era poco diversa da quella che usava sulla sua Ferrari di F1.
Il modus operandi di Villeneuve, come quell’altro grande pilota degli anni ’70 Ronnie Peterson,era quello di affrontare le curve in derapata con un controllo perfetto del mezzo.
È stata l’antitesi dell’approccio predicato dal tre volte campione del mondo Sir Jackie Stewart. Eppure anche lo scozzese non ha potuto negare la sua ammirazione per l’abilità di Villeneuve: “Il suo controllo dell’auto è stato straordinario, anche rispetto ai molti piloti di talento contro cui ho avuto l’opportunità di guidare nel corso degli anni”, ha detto Stewart. “Ha guidato un Gran Premio al limite assoluto delle sue capacità.”
La sua abilità di controllare la macchina si manifestava anche a basse velocità. A Monaco nel 1980, Villeneuve subì l’ira di Sid Watkins, medico della F1, dopo che l’auto medica che lo stesso Watkins stava guidando fu raggiunta dal gruppo delle F1.
“Tutti i piloti ci hanno dato un ampio spazio, tranne Gilles”, ha ricordato il professor Watkins. “Ho iniziato a urlargli dietro, facendogli presente che ci aveva mancato di un centimetro e lui semplicemente non capiva a cosa mi riverivo. Ti ho mancato mi disse e mi resi conto che per lui un centimetro era come un cortile per gli altri piloti.”
Per entrare nel cuore di un appassionato di F1 bastano anche piccole cose. Ad esempio c’è una famosa fotografia di Michael Tee di Juan Manuel Fangio al volante della sua Maserati 250F attraverso le curve di discesa a Rouen. Tee ha scattato una foto quasi identica di Jean Behra nello stesso punto e con la stessa auto; eppure l’auto leggermente di traverso di Fangio è sufficiente per un tifoso o un addetto ai lavori per far passare alla storia il pilota argentino.
E così è stato con la Ferrari n°27, un numero che ancora oggi è associato al mito di Villeneuve, anche se con quel numero ha corso solamente in 19 gare. Eppure quel numero su una Ferrari è arrivato a significare qualcosa di magico. Villeneuve, Jean Alesi (il cui eroe d’infanzia era Villeneuve), Nigel Mansell indossavano tutti il n°27, mentre il n°28 sembrava riservato ai corridori più concreti della squadra, artisti del calibro di Didier Pironi e Gerhard Berger.
Villeneuve guidò anche col numero 40 nella sua prima uscita in F1 al Gran Premio di Gran Bretagna del 1977 con la McLaren; così come corse col numero 21, 12 e 2 nella sua carriera. Quattro delle sue sei vittorie in F1 le ha ottenute col numero 12, ma per ragioni difficili da spiegare è il numero 27 che ha catturato l’attenzione dei tifosi.
Si dice che la tenacia di Villeneuve fosse la qualità più apprezzata da Enzo Ferrari del franco-canadese, e gli valse anche il rispetto dei suoi rivali.
Quando Alan Jones su Williams raggiunse e passò facilmente Villeneuve al Gran Premio del Canada del 1979; l’australiano costruì rapidamente un vantaggio di quasi tre secondi prima di decidere di rallentare il suo ritmo, ma questo permise a Villeneuve di riportarsi vicino Jones che ammise: “Quel tipo non si arrenderà mai!”
Villeneuve combatteva sempre, anche quando in palio non c’era la vittoria. Il suo duello più famoso fu con Rene Arnoux su Renault per il secondo posto al Gran Premio di Francia del 1979. Villeneuve e Arnoux sono arrivati ad un duello corpo a corpo; o meglio ruota a ruota nelle ultime fasi della gara e questo duello è ancora vivo negli occhi degli appassionati dopo oltre 40 anni.
Quattro gare dopo Digione, una foratura ha fatto uscire di pista Villeneuve al Gran Premio d’Olanda a Zandvoort. Imperturbabile, Villeneuve ha riportato l’auto in pista e ha guidato un intero giro su tre ruote e una mano sollevata in aria per avvertire le auto dietro di lui.
Un simile ostinato rifiuto di gettare la spugna fu visto al Gran Premio del Canada del 1981,quando Villeneuve completò un giro con l’ala anteriore della sua Ferrari praticamente ripiegata nel suo abitacolo. Alla fine avrebbe finito la gara al terzo posto.
Sconsideratezza, o brillantezza? C’è sicuramente una linea sottile tra i due. Ma come disse una volta Jochen Mass: “A volte, come a Zandvoort, era stupido e ridicolo. Ma i tifosi adoravano il modo in cui correva, ed è così che era. Le corse automobilistiche hanno bisogno di piloti come questo.”
Senza volerlo glorificare, non c’è dubbio che la morte di un’icona mentre è ancora all’apice della carriera, aggiunge un velo malinconico alla loro leggenda. Jimi Hendrix, James Dean, John F. Kennedy, Buddy Holly, Jim Clark, Kurt Cobain, Ayrton Senna; sono tutte figure la cui morte fornisce una lente attraverso la quale dobbiamo successivamente guardare le loro vite.
Così è con Gilles Villeneuve. Il fatto è che nelle qualifiche per il Gran Premio del Belgio 1982 a Zolder; Villeneuve era uscito per la sua ultima manche, e si imbatteva nella lenta marcia di Jochen Mass, che si tuffò a destra per uscire dalla traiettoria di Villeneuve ma il canadese copiò la manovra di Mass.
L’incidente che ne è seguito è stato terribile, sufficiente per lanciare Villeneuve fuori dall’auto e sbalzarlo nella rete di protezione a bordo pista. Fu portato in ospedale a Lovanio ma la frattura al collo gli fu fatale. Morì l’8 maggio, all’età di soli 32 anni.
Ci sono stati certamente delle cause dietro l’incidente. Le sessioni di qualifiche concitate, dove un pilota doveva dare il tutto per tutto in in pochi giri; la faida con Pironi iniziata ad Imola due settimane prima, quando il francese non aveva rispettato l’ordine della Ferrari di mantenere le posizioni e quindi di far vincere Villeneuve.
E il tradimento della stessa Ferrari, squadra e fondatore, nei confronti di Gilles che, sull’accaduto di Imola, gli fu risposto che aveva pur sempre vinto una Ferrari.
Qualunque siano le cause l’incidente di Villeneuve ha lasciato un vuoto nello sport; assicurando allo stesso tempo che il franco-canadese abbia giustamente guadagnato lo status di mito tra i fan della F1; uno status che significa che oggi è ancora ricordato.
Con la morte di Gilles Villeneuve, le gare non saranno state più le stesse. La F1 ha proseguito il suo corso e prima o poi si affaccerà una stella che brillerà come Villeneuve. Ma fino a quel giorno, un pilota come Gilles sarà difficile da sostituire.
Per noi, che lo avevamo visto allontanarsi, impassibile, da alcuni incidenti causati da guasti agli pneumatici o rotture meccaniche, sembrava indistruttibile. Ma anche Jim Clark sembrava sempre indistruttibile, così come Mike Hailwood. Viviamo in un mondo meraviglioso ma a volte può essere molto crudele.
Anche noi gli volevamo bene, buon compleanno, Gilles Villeneuve.
Giornalemotori – Mazzocco Alessio