Il fuoco ha sempre accompagnato il mondo del motorsport in generale, automobilismo in primis. Quando ci si cala nell’abitacolo si è consapevoli del rischio e del pericolo che si corre e che la presenza delle fiamme è una cosa concreta che tutt’ora spaventa i piloti.
Ritrovarsi intrappolati nell’abitacolo con le fiamme attorno non è una bella esperienza e, purtroppo, molti piloti in passato hanno perso la vita per questo. Dal dramma di Bandini nel 1966 a Monaco a quello scampato di Romain Grosjean domenica scorsa in Bahrain, passando per la scomparsa di Peterson e Paletti e i roghi senza conseguenze drammatiche per Lauda e Berger, l’automobilismo ha fatto passi da gigante.
Da quel nefasto weekend di Imola 1994; la Formula 1 e la FIA hanno lavorato duramente per incrementare la sicurezza dei piloti, rendendo più sicure le monoposto ma anche i tracciati. Se Romain Grosjean avesse avuto quell’incidente qualche anno fa, probabilmente sarebbe rimasto incastrato nella macchina e sarebbe stato divorato dalle fiamme.
Resti della parte anteriore della monoposto di Romain Grosjean coinvolta nell’incidente durante il GP del Bahrain.
Analisi dell’incidente.
L’incidente di Romain Grosjean offre diversi spunti sulla questione sicurezza; le foto di quello che rimane della scocca ci fanno capire i punti di forza; ma anche di debolezza, per evitare che il fuoco si ripresenti. Un evento del genere, con il livello di sicurezza raggiunto in questi ultimi anni, era da tutti impensabile, soprattutto se pensiamo che l’ultimo pilota ad avere avuto a che fare col fuoco è stato Berger nel 1989 ad Imola.
L’impatto contro le barriere è avvenuto a circa 221km/h, generando una decelerazione di 50G, in linea con i parametri richiesti dalla FIA nei crash test. L’energia e l’angolo di impatto contro il guardrail hanno provocato lo sfondamento da parte del muso della monoposto. La barriera si è aperta come una scatoletta di tonno e solo l’HALO ha evitato che il casco del pilota colpisse il guardrail. In poche parole, senza HALO l’urto sarebbe stato assorbito dal casco provocando lesioni mortali al pilota, come è successo con Bianchi in Giappone nel 2015. Parte della decelerazione è stata assorbita dal collare HANS che ha evitato movimenti bruschi del collo.
Una volta che l’Halo ha superato la barriera, è toccato al roll bar sopra la testa del pilota completare l’opera di sfondamento. La foto mostra chiaramente come questo ha impattato contro la protezione a mezza altezza. C’è un segno evidente proprio dove si trova la testa del pilota. Ciò dimostra di essere oltre modo resistente anche a carichi laterali oltre che verticali in caso di capottamento.
Infine il fuoco. La monoposto si è spezzata. Una cosa che non dovrebbe succedere ma è accaduta. In ogni caso si è spezzata all’altezza dell’imbullonatura che collega la power unit Ferrari alla cella abitativa e serbatoio benzina. Da quello che si è visto, sembra che i bulloni hanno ceduto, il serbatoio benzina si è deformato ma non si è aperto. La benzina, quindi, è presumibilmente uscita dalle tubazioni che sono state stracciate via quando la monoposto si è divisa in due e venendo a contatto con le superfici calde del motore, ha provocato l’incendio.
Ricordiamo che le F1 moderne sono dotate di batterie e impianti elettrici che lavorano ad altissima tensione per la parte ibrida e che anche questi componenti hanno contribuito all’esplosione della monoposto in fase di impatto.
Resti della parte anteriore della monoposto di Romain Grosjean incastrata nel guardrail dopo l’incidente avvenuto durante il GP del Bahrain.
Considerazioni.
L’incidente ha posto sotto sorveglianza la sicurezza in F1. Se da un lato c’è la consapevolezza che la FIA ha fatto un ottimo lavoro con HALO e con i crash test sempre più esigenti; dall’altro c’è anche la consapevolezza che qualcosa si può e si deve migliorare, per non ritrovarsi nella situazione pre-Imola 1994 quando si pensava che le F1 fossero estremamente sicure.
Le batterie al litio sono una ulteriore fonte di pericolo in caso d’incendio.
Sicuramente c’è da lavorare per rendere le scocche ancora più sicure soprattutto se consideriamo l’incremento delle prestazioni delle F1 negli ultimi anni; bisogna tener conto di una potenziale pericolosità del sistema ibrido dovuta alla presenza di batterie al litio che in caso di incendio possono bruciare con effetti ancora più devastanti.
E come nel 1994 va rivista anche la sicurezza a bordo pista; va migliorato il layout delle barriere e il materiale con cui sono fatte ma soprattutto vanno tolte le vie fuga in asfalto o cemento a favore della cara e vecchia sabbia capace di rallentare più velocemente una vettura.
La parte posteriore della vettura di Romain Grosjean.
Un’altra questione sorta dopo domenica è la preparazione dei commissari; vedere due marshall che brandeggiano un estintore senza sapere cosa fare è imbarazzante oltre che pericoloso. Romain Grosjean è vivo grazie al coraggio e alla preparazione di Alan van der Merwe e Ian Roberts, equipaggio della Medical Car, si è scongiurato il peggio.
La preparazione, soprattutto in situazioni critiche, deve essere ai massimi livelli e su questo la FIA deve lavorare ancora parecchio soprattutto in certe nazioni.
Romain Grosjean se l’è cavata solamente con delle ustioni e contusioni e qualcuno ha gridato al miracolo. Quel miracolo è merito della FIA, che da anni lavora incessantemente sul fronte sicurezza; dalla DALLARA, che ha fatto della sicurezza in pista il suo punto di forza e dallo stesso Grosjean che ha avuto la determinazione di dare un bel calcio nel sedere alla nera signora con la falce per ritornare dai suoi figli.
Foto: Florent Gooden/DPPI/LivePhosport